Che a lui io ci sono affezionata tanto perché mi ha fatto conoscere la storia di Enaiat e allora ecco qui il suo ultimo romanzo.
La storia (anche qui, come nel cardellino!) di come un quadro può farci smarrire la strada tracciata da noi stessi o da altri per noi e farci prendere le backstreets che chissà dove ci portano, chissà se ci portano da qualche parte. Anche qui ci sono frontiere, interiori ed esteriori, da traversare, anche qui ci sono clandestini. Andrea è piegato su se stesso e a volte ha domande senza risposte, a volte corre senza chiedersi niente e fa del male alle persone che crede di amare, capisce che “siamo fatti dei residui delle persone che incontriamo”, prova a fermarsi. Chissà se ce la farà.
«I miei figli faranno quello che potranno, quello che la vita gli offrirà. Ciò che posso mostrargli è come. Come fare le cose, come alzarsi e andare incontro al giorno che ogni mattina Dio ci srotola di fronte quando il primo sole illumina i tetti delle case, di chiunque siano quelle case. Non ho molta fiducia nelle parole, signore. L’esempio, quello sí».
Lazzìa
