I miei stupidi intenti – Bernardo Zannoni #Sellerio #BernardoZannoni

Un esordio strepitoso, uno dei romanzi più belli letti di recente, di un autore di soli 25 anni. Tutto vissuto nel regno animale e della natura, in quanto il protagonista è Archy, una faina dagli istinti animali ma dai pensieri umani, in perenne lotta fra ragione, cuore e lotta per la sopravvivenza. Racconta in prima persona la sua storia, venduto dalla madre alla volpe Solomon che oltre a farne il suo servo gli insegnerà a leggere, scrivere e lo porterà alla conoscenza di Dio. Una scrittura coinvolgente, segnata da molte riflessioni sulla vita e soprattutto sulla morte, cui vengono dedicate alcune pagine tutte da sottolineare. Un romanzo che tuttavia è molto scorrevole, che commuove, specie per alcuni personaggi indimenticabili, soprattutto Solomon e il cane Gioele. Imperdibile.

Silvana Battaglioli

Questa è la lunga vita di una faina, raccontata di suo pugno. Fra gli alberi dei boschi, le colline erbose, le tane sotterranee e la campagna soggiogata dall’uomo, si svela la storia di un animale diverso da tutti. Archy nasce una notte d’inverno, assieme ai suoi fratelli: alla madre hanno ucciso il compagno, e si ritrova a doverli crescere da sola. Gli animali in questo libro parlano, usano i piatti per il cibo, stoviglie, tavoli, letti, accendono fuochi, ma il loro mondo rimane una lotta per la sopravvivenza, dura e spietata, come d’altronde è la natura. Sono mossi dalle necessità e dall’istinto, il più forte domina e chi perde deve arrangiarsi. È proprio intuendo la debolezza del figlio che la madre baratta Archy per una gallina e mezzo. Il suo nuovo padrone si chiama Solomon, ed è una vecchia volpe piena di segreti, che vive in cima a una collina. Questi cambiamenti sconvolgeranno la vita di Archy: gli amori rubati, la crudeltà quotidiana del vivere, il tempo presente e quello passato si manifesteranno ai suoi occhi con incredibile forza. Fra terrore e meraviglia, con il passare implacabile delle stagioni e il pungolo di nuovi desideri, si schiuderanno fra le sue zampe misteri e segreti. Archy sarà sempre meno animale, un miracolo silenzioso fra le foreste, un’anomalia. A contraltare, tra le pagine di questo libro, il miracolo di una narrazione trascinante, che accompagna il lettore in una dimensione non più umana, proprio quando lo pone di fronte alle domande essenziali del nostro essere uomini e donne. I miei stupidi intenti è un romanzo ambizioso e limpido, ed è stato scritto da un ragazzo di soli venticinque anni. Come un segno di speranza, di futuro, per chi vive di libri.

di Bernardo Zannoni (Autore) Sellerio Editore Palermo, 2021

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L’estate del ‘78 – Roberto Alajmo #RobertoAlajmo @sellerioeditore

Lo scrittore fin dall’inizio ci dice «Statemi a sentire». E non c’è altro che possiamo fare.

Sono riflessioni personali ma da cui difficilmente ci sentiremo esclusi. Sono le nostre vite, molto meno diverse dalle altre di quanto potremmo credere. Essere madri, padri ed essere figli, un destino che riguarda tutti o quasi, il filo generazionale che ci lega, ricco di episodi, di sguardi, di gesti, di parole, in salute e in malattia, di morti e di vivi, è comune a tutti. Un libro leggero, senza urla, che fa spesso sorridere, intimo, commovente, malinconico, come può capitare voltandoci indietro a riguardare le scene del nostro passato, pieno di spunti su cui riflettere.

Libro che sembra, leggero, ma è solo una maschera elegante, la leggerezza.

“La felicità l’ho riconosciuta sempre quando era troppo tardi”.

Un libro che fa male, ma che ti sa abbracciare e che vorresti rileggere, con lo stesso piacere struggente che potresti provare riaprendo una vecchia scatola di scarpe piena di ingiallite foto di famiglia. La scrittura resta sempre un luogo di catarsi e di speranza, in mezzo al dolore.

Musica: Quello che ci manca, Mario Venutihttps://www.youtube.com/watch?v=HjIhSDPvz-o

Carlo Mars

Prendere per mano i lettori, invitarli in casa, guardare assieme le foto dell’infanzia, raccontare la parte più inconfessabile di sé e della propria famiglia. Roberto Alajmo, nella sua opera più necessaria e personale, ha trasformato un materiale intimo e doloroso nel romanzo di una vita. Luglio 1978: lo scrittore è uno studente in attesa degli orali dell’esame di maturità, studia con i compagni a Mondello, vicino Palermo, e a fine giornata esce insieme a loro per riposarsi, rifiatare, mangiare un gelato. Una passeggiata di trenta metri e lì, seduta sul marciapiede, trova la madre. Lei lo guarda riparandosi dal sole con la mano. «Mamma, che ci fai qui?». È l’ultimo incontro tra Elena e suo figlio Roberto, il momento da cui scaturisce questo libro, l’investigazione familiare di uno scrittore su un evento che ha segnato la sua giovinezza e la sua maturità: l’esistenza intera. È la storia di un addio di cui il ragazzo non aveva avuto sentore, la ricerca di un senso per il commiato improvviso di una madre dal marito, dai figli, dalla vita stessa. Il ritratto di una donna che voleva afferrare il mondo, e il mondo le scappava dalle dita. Un dramma di disagio domestico come forse se ne consumavano tanti, in quegli anni, nel chiuso segreto degli appartamenti della borghesia italiana.

L’estate del ’78 – di Roberto Alajmo (Autore) Sellerio Editore Palermo, 2018