Ecco conclusa la mia lettura di “Ventiquattro ore nella vita di una donna” (Passigli), che come gli altri due titoli di Stefan Zweig già letti – “Novella degli scacchi” e “Lettera da una sconosciuta” – più che un romanzo breve è un racconto neanche tanto lungo: da leggere, insomma, nel giro di un pomeriggio. E io avrei preferito leggerlo in un pomeriggio d’inverno (non vi spiego come mai! Penso sia questione soggettiva). In più, lo considero di una bellezza meno fulgida di quella degli altri due titoli nominati. Eppure… anche “Ventiquattro ore nella vita di una donna” mi pare un piccolo libro molto speciale. Per una ragione semplice: che la qualità della scrittura di Zweig è altissima. E quindi non mi pare tanto importante raccontarvi che al centro della vicenda vi sia l’improvvisa e travolgente passione di una donna per un ragazzo divorato a sua volta da un’autodistruttiva passione per il gioco d’azzardo; e che il cuore della vicenda stessa si svolga nel lasso di tempo indicato nel titolo ma resti evento principale di tutta l’esistenza della protagonista (cfr. “Lettera da una sconosciuta”). Perché mi sembra di dire di più del libro chiarendo quanto sia suggestiva la resa delle sue atmosfere (che meraviglia, la scena della donna e del ragazzo – sconosciuti l’uno all’altra – sulla panchina, sotto la pioggia scrosciante, dopo che lei, poco prima, ha avvistato lui al tavolo da gioco) e un dipanarsi della storia tale da lasciare senza fiato, come se anche il lettore, come la donna e il ragazzo, fosse preso da una passione. Ma il motivo che, da solo, può giustificare la scelta di leggere “Ventiquattro ore nella vita di una donna” è ciò che l’autore offre in due pagine: il resoconto di quel che accade a un tavolo da gioco di Monte Carlo attraverso uno sguardo che si concentra esclusivamente sulle mani dei giocatori, e che attraverso i movimenti e le immobilità di quelle mani coglie emozioni e caratteri di coloro che con quelle mani stanno puntando e poi riscuotendo e poi… Se conducessi un corso di scrittura creativa, utilizzerei quelle due pagine come spunto per un’intera lezione, con tanto di assegnazione finale di compiti per casa. Come descrivere una situazione e diversi personaggi, principali e secondari, attraverso uno sguardo “mirato”. … Ma come riuscirci in modo sublime, beh, quello proprio non vi sarebbe modo di insegnarlo.
Sonia Patania
