Ho terminato la lettura di un altro romanzo di Elizabeth von Arnim, “Una donna indipendente” (Bollati Boringhieri), meno spassoso de “La fattoria dei gelsomini” ma altrettanto arguto. E modernissimo nella sua struttura: costituita da un “epistolario unilaterale”,nel senso che al lettore sono offerte esclusivamente le missive di lei, e fatto solo intuire il contenuto di quelle di lui… il quale, dopo una breve storiona amorosa, l’ha mollata a favore di ben più benestante fanciulla ma che, dopo pochi mesi, le ha chiesto di rimanere amici. E lei ha accettato. E dalle lettere che gli rivolge, apprendiamo di come la sua vita si ricostruisca e si evolva. Ritrovandoci a godere di episodi in cui riappare l’ironia e il senso comico di von Arnim. In particolare, ho trovato divertentissima la lettera sulla “conversione” al vegetarianesimo e quella in cui si racconta l’atmosfera in un centro di collocamento per collaboratrici domestiche… Il finale del romanzo è tale da lasciare la lettrice di oggi con un groppo di stupore e commozione. Perché da un tempo lontano, l’autrice ci manda un messaggio di autonomia. Da realizzare se siamo state abbandonate dalla persona amata, da tenere a mente in ogni caso.
Sonia Patania
