Per oggi non mi tolgo la vita – Alfonso Brentani

“… mi viene in mente che uno nasce già così con questa inclinazione verso la morte, come chi ha l’inclinazione magari verso il sesso anale o verso le donne o verso gli animali o verso i bimbi o verso dio o verso l’arte o la musica, così c’è chi ha l’inclinazione verso la morte cosa c’è di strano anche la morte fa parte della vita e tutti hanno inclinazioni verso cose che fanno parte della vita” … “e dunque chi ha inclinazione verso la morte in realtà non ha motivi scatenanti”.

Ciao cari amici. Sono stata in vacanza e ho letto Cognetti, sicuro premio strega (ma non tanto da fare scommesse che c’ho già abbastanza vizi), poi un Montalbano stranissimo che c’era a casa di mia madre, e l’autobiografia di Piero Angela, interessante ma di una piattezza desolante.
Invece volevo parlarvi di un libro che mi è capitato tra le mani oggi, del 2008, che ho riletto velocemente perché è brevissimo.
Si chiama “Per oggi non mi tolgo la vita” (ahimè, che titolo) e l’autore usa uno pseudonimo sveviano, Alfonso Brentani, per parlarci della morte come un diritto, un diritto sacrosanto.
E’un libro che tratta del male oscuro del suicidio e di psicofarmaci, con un’ironia spiazzante e molto efficace. Può non piacere per via del linguaggio, simile a un flusso di coscienza e talvolta imbarbarito da poco dialetto, l’autore a
dotta un registro volutamente comico per trattare un tema pesante: l’obiezione di coscienza alla vita. Il protagonista è un laureato in Filosofia che lavora come editor in una casa editrice, alternando vita lavorativa e familiare da un piccolo paese in provincia di Sassari a Nuoro, luogo in cui ha la possibilità di dedicarsi alle sue riflessioni sulla vita e sul suicidio.

Rileggendolo a distanza di anni, l’ho trovato ancora più profondo della prima volta, forse perché, a quella lettura, avevo gli occhi costantemente velati di lacrime.
Se vi incuriosisce, eccolo qua. Ciao a tutti.

Daniela Quartu

Le vergini suicide -Jeffrey Eugenides #verginisuicide #JeffreyEugenides @barbarafacciott

‘Per la maggior parte della gente’ diceva ‘il suicidio è come una roulette russa. C’è solo una pallottola nel tamburo. Invece la pistola delle sorelle Lisbon era carica. Una pallottola per l’oppressione dell’ambiente familiare. Una per la predisposizione genetica. Una per l’inquietudine legata al contesto storico. Una per l’impeto del momento. Dare un nome alle altre due pallottole è impossibile, ma ciò non significa che non ci fossero.’

Le vergini suicide – Jeffrey Eugenides

Editore: Mondadori
Anno edizione: 2008

Che fatica finire questo libro! Ho iniziato a marzo e, nel mezzo, ho letto di tutto! Fino all’ultima pagina mi sono domandata se valesse veramente la pena immergersi in questa atmosfera malsana che sa di fiori possi, di polvere e sporcizia, di chiuso e superstizione.
Davvero in questo libro c’è tutto quello che non vorresti vedere mai. Un paese della provincia americana, chiuso e chiacchierone, dove tutti mormorano e nessuno prova a stringere un rapporto, un’amicizia vera con queste povere ragazze. Una famiglia con una madre dispotica e instabile ed un padre (che è pure un insegnante!) ancor più impalpabile delle figlie, e cinque sorelle abbandonate completamente a sè stesse. Una casa che diventa piano piano lo specchio delle anime malate che la popolano. E nessuno spiraglio di luce, nè un amico, nè un insegnante, nessuno.
È talmente tutto assurdo che ti domandi se siano esistite davvero queste sorelle o se tutti sia opera della fantasia dei narratori: un gruppo di ragazzi locali vittime di un’infatuazione morbosa per le ragazze, un amore platonico vissuto attraverso soli dettagli, una passione lontana nutrita da irraggiungibilità e microscopici dettagli raccolti dal quotidiano e custoditi con cura e gelosia. Ragazzi pettegoli che, dopo vent’anni si prendono la briga di raccontare – narrandola con una voce collettiva – la terribile vicenda; a
cui tra l’altro non si dà alcuna spiegazione se non nell’ultima pagina del romanzo.
Una cosa si può affermare. Se ho resistito è per la tecnica narrativa di Eugenides, maestro assoluto e indiscusso.

“Si fermavano di colpo, abbassavano lo guardo e scuotevano il capo come se fossero in disaccordo con la vita. La gente riferiva di averle viste vagare per Eastland, nel centro commerciale pieno di luci, di fontane timide e di hot dog infilzati sotto le lampade a raggi infrarossi. Ci si sdraiava su un rimasuglio di moquette, nel seminterrato dei Kriegers, a sognare di tutto ciò che avremmo potuto fare per consolare le sorelle Lisbon”.

Barbara Facciotto