Lettera a D. – (Storia di un amore) – André Gorz #AndréGorz #recensione

André Gorz – Lettera a D. Storia di un amore

Traduzione di Maruzza Loria
Titolo originale: Lettre à D., histoire d’un amour
Nota di Adriano Sofri

Non si può parlare di questo libro senza riportare il suo incipit meraviglioso, poetico, immagine di quello che, universalmente, rappresenta l’amore, quello vero, che dura per tutta la vita.

“Stai per compiere ottantadue anni. Sei rimpicciolita di sei centimetri, non pesi che quarantacinque chili e sei sempre bella, elegante e desiderabile.
Sono cinquattotto anni che viviamo insieme e ti amo più che mai.
Porto di nuovo in fondo al petto un vuoto divorante che solo il calore del tuo corpo contro il mio riempie.”

Che dire… parole stupende.
Eppure questa non è semplicemente una lettera d’amore.
Questa è anche una lettera di scuse… per non aver riconosciuto prima l’importanza di questa donna, per non averla resa protagonista dei suoi scritti precedenti, quando non era ancora consapevole di amare il suo amore per lei.
È un tentativo, in extremis, di mettere Dorine, la propria donna, al centro di tutto.
Ora che sta per perderla. Quindi racconta di come, negli anni più difficili del suo lavoro di scrittore, egli fosse completamente assorbito dal suo lavoro e di come D. rappresentasse un appoggio imprescindibile. E in quegli anni, egli lasciava intendere che fosse lei quella incapace di vivere senza dare questo sostegno, una visione antiquata della figura femminile, D. appariva la classica donna che sostiene sempre il suo uomo, il quale a sua volta non sente di essere abbastanza fino a quando non ha realizzato principalmente se stesso. Ma André e D. non erano una coppia di altri tempi, anzi. La Lettera, dunque, è non solo manifestazione dell’amore dell’autore per la compagna della sua vita, ma anche atto di onestà dove ammette che D. non è una donna qualsiasi, ma è quella donna che rende l’esistenza quotidiana, con i suoi alti e bassi, degna di essere vissuta. La vita di André è D. e non può esserci altra vita senza di lei.
È come se lui volesse risarcirla di qualcosa che non è stato in grado di darle per 58 anni, un dichiarare pubblicamente che se non ci fosse stata lei, lui non sarebbe stato quello che è stato (scrittore, filosofo, giornalista, intellettuale impegnato politicamente).
Lei gli ha dato tutta se stessa per tutta la vita… lui, alla scoperta della malattia (di Dorine) decide di andare in pensione e dedicarle tutti gli anni che le restano… e che saranno ventitré.

Il libro si chiude così come è iniziato:

“Hai appena compiuto ottantadue anni….
Ciascuno di noi vorrebbe non dover sopravvivere alla morte dell’altro.
Ci siamo spesso detti che se, per assurdo, avessimo una seconda vita, vorremmo trascorrerla insieme.”

Esattamente un anno dopo questa lettera, André Gorz e sua moglie Dorine sono stati trovati uno accanto all’altro, nel loro letto, suicidio con un’iniezione letale.
Non volevano vivere l’uno senza l’altro… se l’erano promesso e hanno mantenuto fede al patto.
Perché l’amore esiste.
A volte finisce… e a volte no.

Antonella Russi

Dissipatio H.G. – Guido Morselli #guidomorselli #recensione

 
Guido Morselli – Dissipatio H.G.
Gli Adelphi, Fabula
1985, 12ª ediz., pp. 154
isbn: 9788845906336
Temi: Letteratura italiana

“Eppure, l’Inspiegabile si è inaugurato per opera mia. Per lo meno, gli eventi hanno coinciso con un evento strettamente privato e mio; coincidenza, oso pensarlo, non casuale. La notte favolosa fra il I e il II giugno. Quella notte, ero deciso, io mi sarei ammazzato. Perché. Per il prevalere del negativo sul positivo. Nel mio bilancio. Una prevalenza del 70 percento. Motivazione banale, comune? Non ne sono certo.”

Ultimo romanzo di Morselli, di pochi mesi precedente la sua tragica scomparsa, Dissipatio H.G. (dove H.G. sta per Humani Generis) è anche il suo libro più personale e segreto.

La razza umana improvvisamente scompare, e rimane il protagonista, colui che pensava proprio in quel momento di suicidarsi .
Non pensate a milioni di cadaveri per le strade, nelle case, no.
Scompaiono proprio, alcuni lasciando quel rigonfiamento nelle coperte sotto le quali stavano dormendo .
E così, paradossalmente colui che era pronto ad abbandonare la vita è condannato ad essa.
Dapprima prova stupore e gioia.
Vive in un mondo privo di persone dalle quale voleva allontanarsi.
Vive in un mondo in cui il tempo, inteso come strumento di regolazione delle attività umane, scompare.
Vive in un mondo in cui i pensieri sono rivolti solo a lui stesso.
Respira, mangia, dorme.
Ma non riesce a smettere di pensare a persone del passato, rimane a osservare gli animali, la natura, le macchine rimaste, rievoca eventi che furono, osserva con nostalgia cose ormai obsolete come quotidiani, una foto, una macchina da scrivere, in un lungo monologo declinante verso una disperazione dovuta all’incomprensione per ciò che è accaduto. Riflette sul senso della vita e della morte quando non ci sono persone che ci guardano o ci ascoltano, e rievocandoli alla memoria comincia a parlare con loro, in un dialogo infinito, filosofico e profondo. L‘essenza fondamentale del romanzo si trova nei cambiamenti interiori del protagonista, nelle sue profonde riflessioni su tutto ciò che è legato alla dimensione umana e alla sua trasformazione, idee poi confrontate con il pensiero di importanti filosofi e pensatori.

Un lungo panico, in principio. E poi, ma tramontata subito, incredulità, e poi di nuovo paura. Adesso l’adattamento. Rassegnazione? Direi proprio accettazione. Con intervalli di proterva ilarità, e di feroce sollievo.

Il protagonista è vivo e si trova davanti il Nulla.
Arriverà a domandarsi infine, se la solitudine tanto bramata sia un mezzo e non il fine. Ma il mezzo per cosa?
Per vivere meglio?
Forse.
Ma è necessario che ci sia l’Altro per opporsi e dare un nome alle cose: il silenzio ora si accumula, non scorre più, tutto è fermo.

Il silenzio da assenza umana è un silenzio che non scorre. Si accumula.

E lui è un eletto o un reietto?

“L’ignoto mi è addosso, e io sono solo, senza scampo. Non ho aiuto, non ho consiglio. A chi chiederò un esorcismo? Scienza e filosofia forse rimangono. In me, e sia pure al grado millesimale, in barlume. Ma non hanno previsto niente di quello che succede, e non ne sanno niente . Sono io a sapere che, a ogni modo, ciò che succede non è pensabile, va oltre.”

Il tema della libertà dell’uomo è analizzato fin nel dettaglio.
Che alternative ci sono all’inferno degli altri e al bisogno di essi per identificarsi?
Tertium non datur.
L’abisso di solitudine in cui sprofonda il protagonista è tangibile.
L’attesa di un uomo che non arriverà mai, forse, è la risposta di Morselli.
La scrittura è pungente e raffinata, le frasi sono brevi, spesso nominali e ci forniscono una visione icastica, di questo mondo distopico che accompagna il lettore anche quando posa il suo sguardo verso l’attigua realtà.
A mio avviso è un grande romanzo.
La sua genialità e arditezza, la sua passione, mi hanno fatto innamorare di lui.
Consigliato a chi ama arrivare al confine del possibile, dissipato o meno che sia.

Egle Spanò