Alfonsina e la strada – Simona Baldelli #SimonaBaldelli #Sellerio

‘Il romanzo di Alfonsina Strada, la storia e le avventure della ciclista che per prima sfidò il maschilismo sportivo partecipando, unica donna, al Giro d’Italia del 1924.’

Il Giro quell’anno rischiò di non partire per mancanza di sponsor e dissidi con i campioni, per cui La Gazzetta dello Sport diede il nulla osta ad Alfonsina nella speranza che attirasse pubblico e finanziatori. Ad ogni tappa veniva insultata dal pubblico, ma anche incoraggiata da tanti. Intanto molti giornalisti la irridevano, la macchina della propaganda fascista confinava le donne dentro casa, la morale patriarcale stigmatizzava qualunque barlume di consapevolezza femminile… insomma gli anni ’20 (ma anche ’30, ’40, ’50, etc).

Alfonsina comunque non mollò mai e finì il Giro, nonostante le cadute, gli incidenti meccanici, l’ostilità subita, la fatica sulle salite e le strade che sembravano concepite per impedire la circolazione di qualunque essere pensante e pedalante. Posso solo immaginare – e questo libro è stato per me un bell’esercizio di immaginazione – la forza di questa donna di fronte alla sfida della bicicletta, con il resto del mondo che le pedalava contro. La stampa sportiva criticava apertamente le donne che facevano sport, perché lo sforzo fisico non era conforme alla natura femminile, tacendo il fatto (ci dicono Alfonsina/Baldelli) che fare le lavandaie al fiume o le sarte in qualche buio laboratorio per pochi centesimi, non era esattamente una passeggiata di salute. Quindi meglio la bicicletta (Alfonsina), strumento di liberazione individuale e collettiva (io).

Esistono diversi libri sulla figura di Alfonsina Morini Strada, magari biografie complete e documentate, mentre qui è un saltabeccare fra periodi ed episodi diversi. Questo però è un romanzo e Simona Baldelli è una scrittrice che fa della concretezza del fantastico (qualcuno l’ha associata al realismo magico) una delle sue abilità. Ecco quindi comparire silenti figure ultraterrene ad accompagnare le scorribande in bicicletta di questa fantastica atleta.

‘Il libro ha inoltre qualche suggestione felliniana, con la luna ad accompagnare e presenze metafisiche che assistono ai drammi di Alfonsina. C’è un esplicito riferimento a Zavattini e De Sica di Miracolo a MIlano, e non è nemmeno esente da qualche suggestione sullo stile di Olmi e Bertolucci nel descrivere la società rurale di inizio secolo (…scorso, dimentico sempre di precisarlo per voi che siete giovani). Non mi soffermo sui singoli episodi del libro che ci trasporta dall’Emilia a Parigi, da Milano a San Pietroburgo, sempre in sella alla bicicletta. Anzi non vi racconto nulla di più. Vi dico solo che, merito dell’autrice, il romanzo ha un che di elegiaco che fa da contraltare ad un narrare concreto come le origini contadine di Alfonsina.

Ho quasi finito: questo libro è anche un inno alla resistenza, alla sovversione e soprattutto – chi pedala lo sa – alla ricerca del proprio limite. Veni, vidi, bici.

Luigi Troina

Editore: Sellerio Editore Palermo Collana: Il contesto

Cometa sull’Annapurna – Simone Moro #SimoneMoro #Corbaccio

Simone Moro è un alpinista d’alta quota. In questo libro, il primo che scrive, vuole raccontare la spedizione sull’Annapurna del 1997 che è costata la vita ai suoi due compagni di cordata e che lo ha visto miracolosamente sopravvissuto alla valanga che ha ucciso gli altri e che lo ha fatto precipitare per 800 metri. E così parte dalla sua infanzia e cerca di spiegare come mai ha fatto della montagna il suo mestiere, perché scalare è la sua vita e che cosa significa per lui raggiungere la vetta. Ci racconta le sue esperienze, le sue paure, i suoi dubbi e la grande, indimenticabile amicizia con Anatolij Bukreev, il grande alpinista kazako morto sull’Annapurna. Perché erano lì in pieno inverno? Come mai avevano deciso di affrontare quella parete in una stagione così ostile? Quale era il loro obiettivo? Simone racconta, descrive, spiega. Ci fa sentire il freddo e la stanchezza e poi la solitudine e la disperazione della sua discesa dopo la valanga, con le mani ferite e inutilizzabili, i tendini recisi, e la sensazione di non farcela. Ma il vero dolore Simone lo prova quando non può più sperare nella salvezza dei suoi due compagni. Il suo racconto è però un inno alla montagna e a quell’amico che sarà sempre vivo nel suo cuore.

All’improvviso, è arrivato qualcosa di completamente nuovo nella mia esperienza di lettore. Dopo aver letto il saggio di Byung Chul-Han, “La società senza dolore” cercavo qualcosa di estremo che mi aiutasse a filettare le pieghe dei concetti del filosofo coreano. Tra i tanti consigli ricevuti su libri di scalate mi ha incuriosito più di altri la storia di un’altra spedizione, sul Nanga Parbat, di un altro alpinista italiano, Daniele Nardi, finita nel peggiore dei modi. Documentandomi su questa vicenda ho “incontrato” tra le tante informazioni, un’ intervista a Simone Moro che dava la sua opinione sui fatti. Mi sono innamorato. È stato amore a prima vista tra me e questo cinquantenne bergamasco che parlava e trasmetteva con tanta enfasi le sue emozioni al mio impianto sinaptico. Erano anni, almeno 10, da quando scoprii Paul Auster, che non mi capitava di innamorarmi (da un punto di vista intellettuale) di qualcuno in questo modo, di qualcuno che non fa neanche lo scrittore. Fulminato.

Considerando poi che negli anni ho sviluppato una forma piuttosto grave di Kenofobia, doveva esserci qualcosa che non vedevo ma che mi ha portato a lui. Platone lo chiamava Daimon, io so romano e lo chiamo MECOJONI. Ma veniamo al libro: non voglio dire molto perché raccontando il reportage non posso evitare di spoilerare informazioni che non è giusto che vengano riportate qua, ma possiamo dire (io e la scimmietta che ho nella testa) che questo è un libro bellissimo. È bellissimo per una serie di ragioni che non hanno niente a che vedere la bellezza dei romanzi contemporanei, anche perché non è un romanzo, è un reportage.

È la storia della spedizione sull’Annapurna (e altre storie che hanno il fine di preparare il lettore alle notizie della successiva impresa) di uno dei più bravi alpinisti del mondo. Ed è lui stesso a raccontarcela e a scriverla. Simone Moro non è Nabokov, non ha talento letterario nè una prosa avvincente come Stephen King, ma ha una cosa che probabilmente manca a molti degli scrittori contemporanei, ha passione, e la passione che ha, conseguenza del suo “lavoro” di alpinista, si respira in ogni pagina di questo breve ma ricchissimo reportage. La passione si sente quando parla di amicizia, quando racconta la montagna, quando descrive le sue emozioni, in maniera semplice ma immediata c’è ancora di più quando parla della perdita…

Mi sono rotto le balle di scrivere, potrei andare avanti 16 ore ma si sta freddando l’acqua nella vasca ed io, non essendo acclimatato alle temperature dell’Annapurna rischio di morire di freddo. Leggete questo reportage bellissimo solo per il piacere di leggere una bella storia in cui c’è tutto quello di cui ha bisogno un uomo per sopravvivere.

Daniele Bartolucci

Cometa sull’Annapurna – Simone Moro

Editore: Corbaccio Collana: Exploits Anno edizione: 2003