Niente di nuovo sull’Orient Express – Magnus Mills

 

Niente di nuovo sull’Orient Express – Magnus Mills

Editore : GUANDA Collana: NARRATORI DELLA FENICE
Pubblicazione originale: All Quiet on the Orient Express
Traduttore: Massimo Bocchiola

Nulla a che vedere con la Londra multietnica e cosmopolita: l’Inghilterra di Mills, dove il tempo sembra essersi fermato, è terra di uomini indolenti e torpidi come il protagonista del romanzo. Stabilitosi per qualche giorno in un campeggio di una zona lacustre, l’io-narrante sconta il proprio soggiorno accettando i lavori di manutenzione proposti dall’arcigno mister Parker, proprietario del campeggio. Senza tante ribellioni, il campione di accidia si adagia nella routine di quella nuova situazione: i tornei di freccette al pub, una mano alla figlia del capo per i compiti, ogni tanto una bevutina. E non si saprà mai fino a che punto è prigioniero di Parker o della propria masochistica indolenza.

Non rileggo mai i libri. Ne avrei sempre voglia, ma mi pare di sottrarre tempo a cose nuove. E allora rimando e dico un giorno, dai, un giorno. Però quel giorno non arriva mai.
Stavolta, eccezione!
E allora ho ripreso questo stupendo capolavoro di sagacia e umorismo britannici e mi sono ricordato perché l’ho amato così tanto.
Perché l’autore è uno splendido perdente che, dopo appena tre romanzi, fu cacciato nel dimenticatoio editoriale italico. Nessuno l’aveva capito.
Perché la storia è geniale e lo stile essenziale.
Ma nessuno l’aveva capito.
Perché pagina dopo pagina dopo pagina ti chiedi ma dove diamine vorrà andare a parare, questo? E quando alla fine lo scopri ti fai una risata e ti togli il cappello. Perché Magnus Mills è un genio.
Ma qui, da noi, nessuno l’ha capito.
Quasi nessuno…

Iuri Toffanin

“Magnus Mills, da buon autista d’autobus londinesi, non sbanda mai, e pagina dopo pagina restituisce alla perfezione l’opacità della provincia (in questo caso inglese) e l’avidità dei suoi abitanti, giocando col grottesco e affidandosi a una scrittura asciutta, scandita da dialoghi essenziali. E Niente di nuovo sull’Orient Express finisce per essere soprattutto un’allegoria capace a suo modo di raccontare quella precarietà e quell’assenza di prospettive (nonché molto spesso di diritti) che insieme alla rassegnazione e alla passività contraddistinguono il mondo del lavoro contemporaneo.” Giuseppe Culicchia

In esilio – Simone Lenzi #SimoneLenzi #Esilio

 

Come salvarsi se sentiamo che il mondo in cui siamo immersi, tra decadenza e ipocrisie, ci somiglia ogni giorno di meno? La risposta che si è dato lo scrittore e frontman dei Virginiana Miller Simone Lenzi nel suo ultimo romanzo è già nel titolo, “In Esilio”.

Editore: Rizzoli

Come quando hai davvero bisogno di aprire la scatola di latta, quelle delle foto vecchie, e prima di metterti a giocare con la memoria, prima di farle passare una a una, ci ficchi il naso e riscopri l’odore di quelle stanze, di quella credenza in particolare (quella da cui portasti via la scatola) dei tuoi passi, dei loro. Perché quei passi magari dicono qualcosa anche dei tuoi o i tuoi dei loro o della fermezza o dello stare di lato o del prendere il volo, uno qualunque, in questo adesso che a dirlo si fa fatica e spesso si usano le parole sbagliate.
È bello il libro di Simone. Bello e divertente e doloroso. Bello, divertente e doloroso come la verità, una qualunque, gratis o a caro prezzo, purché sia la verità, una qualche verità, magari scomoda, di certo tagliente, densa, sgarrufata, inopportuna, dolcissima, acida, cosciente: una verità vera.
Io a Simone voglio bene. Gli voglio bene da tanto tempo e voglio bene a come dice le cose e a come le vede. Per questo vorrei leggeste questo articolo sul libro che ho appena finito, perché dice il libro meglio di come or ora saprei fare io.
Poiché a me viene solo voglia di prendere la macchina e andare. Via. Andare a casa. Tornarci. E invece vado a comprare il gelato e porto la merenda alle ragazze. E via andare, altro che andare via 🙂

dal sito dell’editore:
In esilio.
Se non ti ci mandano, vacci da solo.
Ogni famiglia ha un quarto di sangue oscuro, si tramanda di generazione in generazione. Chi pure abbia trovato pace e serenità deve sapere che il quarto di sangue oscuro gli scorre nelle vene e basta poco perché torni a reclamare il diritto ereditario sulla sorte di ogni uomo. Ne è convinto il protagonista di questa storia, un cinquantenne livornese che, con la moglie, decide di ritirarsi in campagna per stare lontano da una società in cui non si ritrova più. D’altronde, quando ripercorre la vita dei suoi parenti favolosamente eccentrici, come il Cugino L., in piedi dietro al bancone del bar dalle sei del mattino fino a mezzanotte, a servire clienti con i quali non ha mai scambiato una parola perché “non aveva niente da dire”, o il Cugino S., fuggito dal seminario per chiudersi in una stanza senza cibo né alcun tipo di conforto, ne è certo: la stranezza attraversa i rami dell’albero genealogico della sua famiglia. Non c’è da stupirsi, quindi, che a lui sia riservata la fine che sta facendo, in esilio, lontano da tutti.Simone Lenzi ci conduce nelle stanze intime della memoria, dove si celano i segreti dell’esistenza. Abile ritrattista di tipi umani, con colori accesi e sfumature intense scava nella quotidianità di tre generazioni, scardinando i paradigmi della letteratura contemporanea.

Rob Pulce Molteni