Sofia si veste sempre di nero – Paolo Cognetti #recensione

«Sofia», disse l’infermiera a voce alta, «lo sai che cos’è la nascita? È una nave che parte per la guerra».

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Un libro di una casa editrice indipendente (minimum fax)

Paolo Cognetti parla di Sofia come guardandosi allo specchio, senza riconoscersi neanche per un secondo nelle diverse immagini che quello specchio restituirà allo scrittore e al lettore che vorrà guardare. Si rispecchia e si racconta senza omettere il suo arduo confronto con i grandi nomi della letteratura contemporanea da lui stesso citati nel suo blog che in qualche modo osserva, decostruisce e applica: prima fra tutti la Egan de Il tempo è un bastardo, ma anche la Strout, Carver, Salinger, Hemingway, Mc Cann e molti altri. L’assunto che trae da questo confronto non è solo la tecnica a mosaico dei racconti concentrici ed eccentrici, ma è che:
“Ogni fiore piantato, ogni giocattolo dimenticato nell’erba è un pezzetto di una storia più grande e uno può anche provare a ricostruirla partendo da lì – da una sdraio, un’aiuola di lavanda…”.
E così fa Cognetti, entrando nel racconto a caso, a rizoma(come fa Kafka), cambiando stile da un racconto all’altro, saltando tra personaggi ed epoche, evitando di seguire la vita di Sofia in ordine cronologico, come se la guardasse accadere. Seguendo la Egan, l’autore trova un modo di fare esistere simultaneamente le diverse Sofie, dando al lettore la libertà di stabilire un ordine suo, seguendo la propria indole, scovando legami improbabili.
E poi una cosa che piace tanto a Cognetti è il finale in cui si realizza l’intuizione estatica di senso, in maniera non logica, come avviene nei dejavu in cui si trovano connessioni ricordano e non ricordando allo stesso tempo. Così anche Sofia:
“Una volta mi aveva detto di avere un unico vero talento, quello di riconoscere la fine delle cose. Più tardi ripensai a quella frase e immaginai che mi avesse salutato come facevano i suoi amici musicisti. Posando la chitarra, avvicinandosi al microfono, guardandoti negli occhi e dicendo: «Ricordati di me».”
Non so se apprezzarlo o odiarlo: a volte assomiglia un po’ a Baricco quando parla del mare (e io non lo sopporto proprio). Un po’ si autocompiace della sua bravura e questo è poco umile. Eppure ha talento e si sente. C’è qualcuno che ha voglia di darmi la sua opinione?

Stefano Lillium

DESCRIZIONE

E’ una donna la protagonista di questo libro, un romanzo composto da dieci racconti autonomi che la accompagnano lungo trent’anni di storia: dall’infanzia in una famiglia borghese apparentemente normale, ma percorsa da sotterranee tensioni, all’adolescenza tormentata da disturbi psicologici, alla liberatoria scoperta del sesso e della passione per il teatro, al momento della maturità e dei bilanci. Con la sua scrittura precisa e intensa, Cognetti ci regala il ritratto di una donna torbida e inquieta, capace di sopravvivere alle proprie nevrosi e di sfruttare improvvisi attimi di illuminazione fino a trovare, faticosamente, la propria strada.

La schiuma dei giorni – Boris Vian #BorisVian

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“Musica e letteratura erano di casa, nella famiglia di Vian, che compone le prime canzonette da bambino, a undici anni suona la tromba a meraviglia e mette su un complessino con fratelli e amici. Diciannovenne, sbarca nella magica Parigi degli anni Cinquanta e apre un locale che accoglie celebrità dell’arte e dell’esistenzialismo. Traduce Chandler, Strindberg e Nelson Algren, scrive canzoni e piece teatrali, articoli di jazz, teatro e varietà. Si laurea in ingegneria cartaria, si sposa, si risposa e riesce perfino a pubblicare con Gallimard, grazie a Raymond Queneau.
Ma i suoi romanzi, seri, surreali e struggenti, sono un fiasco. Lo strappacuore, La schiuma dei giorni, L’autunno a Pechino vendono poche centinaia di copie. Celebrità e grande scandalo gli verranno invece da un crudelissimo pulp a sfondo erotico, scritto per scommessa e sotto pseudonimo: Sputerò sulle vostre tombe.
Muore non ancora quarantenne, stroncato da un infarto, durante l’anteprima cinematografica di Sputerò sulle vostre tombe.
Il film tratto dalla Schiuma dei giorni, invece, è uscito nel 2013 con la firma di Michel Gondry.”

Questa, in breve, la biografia di Boris Vian.
Un uomo pirotecnico, interessato a tutte le arti, interessato ad ogni aspetto del mondo, dell’uomo e delle sue passioni e dei suoi sentimenti.

Al limite dell’impossibile cercare di commentare questo romanzo. Ci sono arrivato grazie alla lettura precedente, Aspettando Bojangles (le vie della lettura sono infinite…).
Daniel Pennac, nella postfazione: “….un libro di questo calibro può essere letto più volte, nel corso degli anni, traendone impressioni e suggestioni diverse. A diciott’anni prevale la griglia della passione amorosa, a quaranta quella della critica sociale, a sessanta quella del pessimismo della tragedia che tutto annulla.”

Dunque un romanzo assolutamente indefinibile. Non è sufficiente parlare di storia d’amore struggente. Qui dentro c’è tanta di quella roba, e tanti riferimenti ad autori che conosco, conosco poco o non conosco, che non ci si raccapezza. Queneau, Chagall, Dalì, Salinger, Alice nel Paese delle Meraviglie, poi Ellington, tanta musica, gastronomia, un miscuglio incredibile, ma ovviamente supportato dalle conoscenze dell’autore, un libro che rappresenta lui, pienamente, lui e le sue invenzioni, il suo surreale portato all’eccesso estremo, le “distorsioni linguistiche”, come dice Fossati, psichedelia allucinata, in diversi punti anticipatore di avvenimenti, movimenti e fatti di molto successivi, dato che questo romanzo è stato scritto nel 1946…è tutto davvero strano e incredibile, un uomo vissuto solo 39 anni e che però sia riuscito ad essere tutto quel che è stato.
Per me è stato impossibile cogliere tutti i riferimenti alla cultura dell’epoca, compreso l’esistenzialismo, compresi i durissimi attacchi a Sartre, menzionato duecento volte e messo duecento volte alla berlina, a partire dalla storpiatura del nome, Jean-Sol Partre, durissimi attacchi a una certa figura di intellettuale, alla sua funzione nel mondo e nella cultura, alla cultura intesa come visione univoca, e questa è una delle anticipazioni del futuro…così come l’attacco alla concezione del lavoro, e alla fruizione della cultura stessa, alla religione, alla politica, alla guerra.

Della storia non sai cosa pensare. E’ un inno alla generosità, alla vita, all’amore, soprattutto. Colin vuole disperatamente innamorarsi. E Colin ci riesce, subito. Incontra Chloe, ed è un fulmine al cuore. L’amore è la parte centrale, non ci sono dubbi. In cui però si innesta di tutto. Come si può descrivere e commentare un romanzo in cui tutto viene raccontato come se a parlare fosse un bambino che racconta una fiaba, dove ci sono la vita, l’amore, la malattia, la morte, in cui gli animali parlano, gli innamorati vengono seguiti e nascosti all’interno di nuvole premurose, un pianoforte suona e crea cocktail, i topi vivono nelle case e interagiscono con gli abitanti, i librai sono mefistofelici, e la malattia viene descritta come una ninfea che abita nei polmoni? Un libro diviso in due parti, essenzialmente, la prima un fuoco d’artificio di parole e immagini, tutta fiori e dolcezza smielata, in cui spesso ho perso senso e significato, e la seconda dove tutto si spegne, ogni colore diventa grigio, perché, quando l’amore termina tragicamente, nulla ha più senso, specialmente le parole, e allora la tristezza può essere affidata solo alle immagini, e il dolore viene raffigurato attraverso la visione di una casa che si restringe, che ti soffoca, perché nulla ha più senso, senza l’amore? E’ una visione tragicamente pessimista, la morte e il dolore l’hanno vinta sull’amore. Ma, nello stesso tempo, il messaggio è anche un altro, e cioè che la vita va vissuta comunque, perché contiene bellezza inenarrabile.

Queneau: “Il più straziante dei romanzi d’amore contemporanei”.

Pennac: “…da questo punto di vista l’amore non salva mai, perché gli amori finiscono con i divorzi o con la morte di uno dei due amanti. L’amore non salva la gente dal proprio destino, ma salva la loro esistenza nel momento in cui esistono. Le storie d’amore finiscono sempre, ma valgono sempre la pena di essere vissute, senza remore e senza risparmio.”

Il messaggio è bellissimo. La mia difficoltà è stata tutta nella comprensione e soprattutto nell’accettazione dello stile, traboccante di neologismi, metafore, e chi più ne ha più ne metta. Molto più che surreale. E’ un romanzo che non posso consigliare a nessuno, se capiterà che lo leggiate vorrà dire che doveva andare così… Emoticon smile E’ tutto molto poetico, e tutto perfettamente corrispondente al modo con cui Vian ha vissuto la sua vita, a velocità massima, godendosi tutto, non facendosi piegare dal pensiero della morte imminente, anzi il contrario, ha divorato ogni istante che gli restava, non si è lasciato divorare, ha voluto arrivare alla fine suonando la tromba, invece che ascoltare rassegnato la musica altrui.

Musica: Chloe, Duke Ellington
https://youtu.be/6YKWKIfEN8Y

Carlo Mars