L’hotel di cristallo – Emily St. John Mandel

“Non dite semplicemente ‘magari un giorno ci andrò’. Chiamate. Prenotate. Andate a guardare il panorama che si vede dall’Hotel di cristallo. E godetevi il soggiorno.”
Chicago Review of Books

Questa autrice l’avevo conosciuta con “Stazione undici”, un distopico molto particolare, intriso di musica e arte, vincitore nel 2015 del premio Arthur C. Clarke Award. Poi questo libro, un thriller piuttosto atipico. Parla della crisi finanziaria del 2008, che ha avuto conseguenze globali, e della grande truffa con schema piramidale alla Ponzi orchestrata per anni da Bernard Madoff, dove le perdite totali dei truffati sono di decine di miliardi di dollari. La persona di questo finanziere (rispettato e ammirato da molti per anni) e la storia della sua caduta sono diventate per Emily St. John Mandel l’ispirazione per scrivere il libro “L’hotel di cristallo”,

Il libro parla di scelte e vite vissute con dignità oppure no. Parla di criminali e anche di vittime, di come una piccola scelta di capire e di non capire, possa cambiare profondamente le vite delle persone. Mi piace molto questa scrittrice. D’ora in poi, la terrò d’occhio. È chiaro che l’autrice ha pensato molto alla storia, e il suo stile di scrittura invita anche il lettore a pensare con la propria testa. Questa non è un racconto lineare e “facile” da leggere, ma i temi sono interessanti e lo sono anche la maggior parte dei personaggi principali con le loro vicende e riflessioni.

Teuta Meci

Tra fortune principesche, club di musica elettronica, hotel di lusso e prigioni federali, Emily St. John Mandel firma un thriller sull’avidità e il senso di colpa, sull’amore e la disillusione, e sugli infiniti modi in cui, sempre e ostinatamente, cerchiamo di dare un senso alla nostra vita.

Vincent fa la barista all’Hotel Caiette, un prestigioso cinque stelle nel nord dell’isola di Vancouver. Una notte, all’improvviso, uno sconosciuto incide sulla vetrata dell’atrio un messaggio inquietante: Perché non ti ingoi una scheggia di vetro? Jonathan Alkaitis, il finanziere proprietario dell’hotel, quella sera arriva troppo tardi per leggere la minaccia, e ignaro di tutto passa la serata con Vincent. Quando si salutano, le lascia una mancia di cento dollari e il suo biglietto da visita. Un anno dopo vivono insieme come marito e moglie. A Manhattan Alkaitis gestisce un giro di investimenti miliardari che non è altro che un gigantesco gioco di specchi. Quando il sistema crolla, travolge le vite di tutte le persone che gli avevano affidato i risparmi. Vincent, che finora ha recitato la parte della bella moglie, sparisce improvvisamente, per ricomparire anni dopo a bordo di una nave mercantile coinvolta negli inganni di Alkaitis.

La strada – Cormac McCarthy #CormacMcCarthy

“Nessuna lista di cose da fare. Ogni giornata sufficiente a se stessa. Ogni ora. Non c’è un dopo. Il dopo è già qui. Tutte le cose piene di grazia e bellezza che ci portiamo nel cuore hanno un’origine comune nel dolore. Nascono dal cordoglio e dalle ceneri. Ecco, sussurrò al bambino addormentato. Io ho te”.
Un padre e un figlio, senza nome, senza niente che non sia il legame indissolubile che li unisce. Non esiste più nient’altro: non esiste più il mondo, la storia, il tempo, la civiltà, non esistono più le città, le case, le famiglie, non esiste più neanche il cielo – perennemente oscurato, plumbeo “come l’inizio di un freddo glaucoma che offusca il mondo”. Esiste solo la strada lungo cui spingono i loro scarsi averi – qualche coperta, il poco cibo in scatola rimasto – dentro il carrello arrugginito di un supermercato. Si spostano verso sud, verso il mare, dal cuore dell’America al Golfo del Messico, in cerca della speranza di un po’ di calore, di luce. Ma ciò che gli si apre di fronte è un oceano vasto e freddo che ha “la desolazione di un qualche mare alieno che bagna le coste di un pianeta sconosciuto. Più a largo, sulle secche create dalla marea, una nave cisterna arenata”.

In questi giorni di tensione internazionale – che personalmente mi creano davvero non pochi momenti di ansia – ieri sera verso le 23 ho avuto la (pessima) idea di prendere dalla pila dei libri sul comodino “La strada”. L’avevo acquistato, sostanzialmente alla cieca, nel corso di uno dei miei periodici rifornimenti on line, ai quali ricorro per alimentare la succitata pila.

Nel giro di due pagine sono entrato, o per meglio dire precipitato, nei panni del protagonista: ho iniziato a provare le sue paure, a condividere i suoi pensieri, le sue ansie, il suo sconforto, quindi mi sono scoperto a proiettare qusti sentimenti sul mio mondo di questi giorni, sulla mia realtà, sui miei affetti. Una cosa straziante.

Insomma ho capito come sarebbe andata a finire. Ho dovuto arrivare in fondo alle 218 pagine, ben sapendo che non sarei comunque riuscito a chiudere occhio. Alle 4.30, terminata la lettura, mi sono fatto una mezz’oretta di parole crociate per riuscire a rilassarmi un po’…

Mi sentirei un po’ ridicolo a recensire un libro già così tanto noto e apprezzato, quindi non lo faccio. Rilevo solo che nella mia vita di lettore pochi testi mi hanno preso in maniera così viscerale.

“Una volta nei torrenti di montagna c’erano i salmerini. Li potevi vedere fermi nell’acqua ambrata con la punta ambrata delle pinne che ondeggiavano piano nella corrente. Sul dorso avevano dei disegni a vermicelli che erano le mappe del mondo in divenire. Mappe e labirinti. Di una cosa che non si poteva rimettere a posto. Che non si poteva riaggiustare. Nelle forre dove vivevano ogni cosa era più antica dell’uomo, e vibrava di mistero”.

Stefano Martinella

Autore: Cormac McCarthy Traduttore: Martina Testa

Editore: Einaudi Collana: Supercoralli