Orologi rossi – Leni Zumas #LeniZumas #Bompiani

«Come col ritorno del fascismo e le epidemie di morbillo, è difficile credere che stupidità e noncuranza possano farci tornare all’orrore del passato finché non lo vediamo accadere»Naomi Walderman, New York Times

“La moglie ha fatto delle persone. Non ha nessun bisogno di giustificare in altro modo ciò che fa sul pianeta”.

USA, Oregon, in un futuro non tanto lontano.

L’aborto è vietato in tutti gli stati e il nuovo emendamento sullo stato di persona sta per entrare in vigore. Di lì a qualche mese l’embrione godrà di pieni diritti e ogni pratica di fecondazione in vitro sarà vietata per mancanza di un consenso esplicito al trasferimento in utero dell’ovulo fecondato. Un Muro Rosa al confine tra USA e Canada garantisce il respingimento delle donne statunitensi intenzionate ad abortire.In questo futuro (im)possibile si muovono quattro donne, che l’autrice identifica come la biografa, la figlia, la moglie e la guaritrice. C’è chi cerca un figlio a tutti i costi e chi, nonostante l’amore per i figli, fantastica di suicidarsi, chi non è pronta alla maternità e chi è madre senza esserlo nel senso canonico del termine.

In questo romanzo distopico la maternità interroga le protagoniste, le sfida, le consola ma non le definisce mai, mai, mai per intero.

Non vuole saltare l’Accademia di matematica. O sfornarlo. Non vuole porsi domande, e lo farebbe. […] Non vuole preoccuparsi di essere trovata. Egoista. Ma ha un ego. Perché non usarlo?”.

Saturnine Puissant

di Leni Zumas (Autore) Milena Zemira Ciccimarra (Traduttore) Bompiani, 2018

La maternità – presente o assente, cercata o negata – ci definisce come donne? Leni Zumas sceglie la via del romanzo per parlare di un tema scottante dando voce a quattro donne di Newville, villaggio di pescatori dell’Oregon, in un futuro vicino in cui negli Stati Uniti l’aborto è proibito, l’inseminazione in vitro è vietata, la legge garantisce pieni diritti all’embrione e un Muro Rosa blocca l’accesso al Canada, dove invece abortire si può, e dove ragazze e donne fuggono di nascosto in cerca di soluzione per le gravidanze non volute. Ro, insegnante di scuola superiore, è single e sta cercando di avere un figlio affidandosi a una clinica della fertilità mentre compila la biografia di Eivør Mínervudottír, esploratrice polare del diciannovesimo secolo, sola e determinata a essere se stessa in un mondo ostile. Susan è madre frustrata di due figli perfetti, intrappolata in un matrimonio perfetto che sta cadendo a pezzi. Mattie è una delle allieve più brillanti di Ro: quando scopre di essere incinta non sa a chi chiedere aiuto. Infine c’è Gin, spirito della foresta, erborista e guaritrice, che in qualche modo riunisce i destini di tutte quando viene arrestata e processata per le sue pratiche, vittima dell’ennesima caccia alle streghe.

Pubblicità

Nastri, una favola post-rock – Stefano Solventi @nellogiovane69 #Nastri

Nastri, una favola post-rock – Stefano Solventi

 

Nastri” ha davvero poco della favola e non avevo notato l’ironia del sottotitolo finché non l’ho scritto qui sopra prima di esporvi le mie personali sensazioni. Il romanzo distopico è per certi versi un genere a me nuovo (posso annoverare soltanto “Fahrenheit 451”, letto tra l’altro anni fa); sono stata attratta principalmente dal tema musicale che fa da sfondo al libro, ma devo ammettere che la curiosità è stata premiata donandomi una lettura che non posso definire piacevole (per il terrore che incute il contenuto, s’intende!), ma certamente scorrevole e incuriosita.

A mio avviso, la forza del romanzo risiede nei dialoghi e nella caratterizzazione dei personaggi che da questi emerge prepotentemente. C’è una tensione emotiva costante che contrasta con le descrizioni statiche dell’ambientazione, grigia e cupa, che lascia poco all’immaginazione (ma com’è che c’è sempre il vento, eh Stefano?? Di certo sottolinea ulteriormente l’asperità del contesto!). L’azione si svolge in poco più di un mese, ma la narrazione è intervallata e corredata di informazioni che preparano il terreno del racconto attraverso l’ufficialità delle fonti (comunicati stampa, articoli di variegate testate giornalistiche e pubblicazioni governative) che coprono un arco temporale di decenni antecedenti al tempo della narrazione, proprio a volerne strutturare l’evoluzione, o meglio l’involuzione della società dipinta ed esperita dai personaggi. E tanto di cappello per il colpo di scena finale! (Mi ha fatto pensare a un film di Luc Besson di qualche tempo fa: come ce la vedi Milla Jovovich nei panni di Polly? 🙂)

Personalmente non riuscirei a sopravvivere in un mondo senza musica, sarebbe una privazione al mio stesso essere, quindi oltre che augurarmi di non dovermi mai trovare in un tale abietto regime, non posso far altro che consigliarne caldamente la lettura per esorcizzare e scongiurare una tale eventualità.

Complimenti, Stefano! Non sarei mai in grado di partorire una dovizia di dettagli come la tua. Mi hai affascinato e ho goduto immensamente delle citazioni rockettare. Ben fatto!

Un paio di appunti/osservazioni: nel mio testo non compare il numerino del capitolo 8: è una semplice omissione di stampa o cela qualche altro significato? Inoltre, l’ultimo comunicato a chiusura del testo è datato 28 marzo 2052 riferendosi all’avvenimento “avvenuto nella tarda serata di ieri” che nel racconto riguarda palesemente il 27 febbraio dello stesso anno. Sono io che non colgo qualcosa?

Owlina

Europa, 2052. Venti anni dopo una catastrofica epidemia che ha ucciso milioni di persone, il Vecchio Continente si è risollevato. La criminalità è ridotta quasi a zero e l’economia garantisce piena occupazione. In una società le cui regole sono dettate dalla Convenzione – che ha limitato Internet, vietato alcool e tabacco, sconfitto il traffico di stupefacenti e messo al bando la musica rock – la ventenne Polly tenta di scoprire il contenuto di cinque nastri ricevuti in eredità dal padre. Assieme a Samanta, una millennial che si guadagna da vivere come donna delle pulizie d’alto bordo, entrerà in contatto con le inquietudini e le contraddizioni di una cultura sotterranea, desiderosa di emergere e sovvertire.