
Ogni tanto prendi un treno, ti porti un libro per compagnia, ti siedi e inizi a leggere. Mentre il treno macina km verso la tua meta, tu macini pagine, ancora una pagina e provo a dormire no dai un’altra e 4 ore dopo tu sei ancora in treno, ma il libro è sfortunatamente terminato.
Revival mi ha fatto questo effetto, simile a quello che ha causato la notte insonne in compagnia di Misery e di quel caccolicchio di scrittore che l’aveva fatta morire
No non voglio rovinare la lettura a nessuno, quindi toccherà fare un bel numero di equilibrismi che la foca monaca farà la figura della dilettante per scrivere qualcosa di intelligente.
Iniziamo con il plagio della quarta di copertina, Revival è in fondo un affresco della vita negli stati uniti dagli anni 60 ad oggi che tanto caro è al re.
Leggendo questa storia mi è tornata alla mente una vecchia intervista a Bruce (Springsteen NdA, ho sempre sognato di scriverlo), in cui parlava delle scene di ballo nei film di John Ford, che diventavano sempre più amare con il passare del tempo, credo che questo si possa applicare anche alle storie di King, che tratteggia la vita da 6 a 65 anni del protagonista, in modo disincantato, la magia del club dei perdenti si è dissolta, la tartaruga è morta, il passato è passato, non è nè mitico nè una merda forse solo un sapiente mix delle due a seconda del momento.
Si, c’è pure una bella storia de paura, un personaggio che si piazza a metà tra Randall Flagg e quello delle pattumiere, una bella spruzzata di politically correct, tanto sano rock tanto tutta quella merda inizia con un mi, una manciata di sostanze psicotrope.
The King is back, hail hail to the King
Piero Gattone