Attenzione: si segnala libro ad altissimi livelli di Ottima Letteratura.
Il devastante mix convalescenza-insonnia- caldo di questi giorni mi porta a leggere come se fossi pagata a cottimo per farlo. Ed è nell’abbuffata del periodo che ho scoperto, con mia somma vergogna, di aver ignorato fino a ieri l’esistenza di questa scrittrice americana. Non riesco a farmi una ragione di quanto abissale sia la mia ignoranza.
Premio Nobel per la letteratura, premio Pulitzer (per Amatissima, appunto) e molte altre cose, la Morrison ha scritto e scrive della condizione degli afro americani in diversi momenti della storia. Definizione esatta ma assurdamente superficiale.
Veniamo a noi. Perché vi consiglio Amatissima?
Perché Amatissima racconta in uno stile che ancora non avevo mai incontrato la realtà degli schiavi negli Stati Uniti di fine ‘800. Perché racconta dell’amore più grande, quello di una madre per la figlia, perché cerca di farci comprendere quanto è grande l’Amore se quella madre uccide la figlia pur di non farle subire ciò che lei stessa ha passato (lo spunto del libro è tratto da una storia vera). Perché è un libro brutale e delicatissimo, che ferisce e brucia, che sconvolge e intenerisce, che fa ammutolire per l’orrore di qualcosa che era quotidianità, abitudine, norma e regola e che fa provare vergogna per il solo fatto di avere la pelle bianca, che porta in una dimensione insieme reale e magica, che ci porta a piccoli passi a comprendere il Perché la figura della schiava Sethe sia così straordinaria, che fa provare compassione e affetto per la vecchia Baby Suggs. Insomma, potrei fare una lista lunghissima di ragioni.
Da lettrice compulsiva tendo a dimostrare un certo buonismo verso i libri che leggo, me ne rendo conto. Però qui siamo davvero di fronte a qualcosa che va oltre, molto oltre, un buon libro. Qui siamo a livelli altissimi.
Se si decide di leggere Amatissima bisogna prepararsi a farsi male, a leggere con attenzione, a prendersi del tempo. Perché a volte si legge un passaggio e qualche riga oltre ci si ferma e si torna indietro per rendersi conto di aver letto bene, di aver davvero capito.
Come in questo passaggio:
-Che cosa ha detto?
-Niente.
-Niente?
-Non una parola.
-Gli hai parlato? Non gli hai detto niente? Gli avrai pur detto qualcosa!
-Non potevo, Sethe…è che….non potevo proprio.
-Perché?
-Avevo il morso in bocca.
