L‘isola si scorge da lontano. Il mare ha il colore del verderame, la macchia tutt’intorno emana un profumo speziato, i raggi del sole, anche ora che l’estate è finita, scaldano i pochi passeggeri arrivati con la motonave .Tra loro ci sono Luisa, gambe da contadina e sguardo tenace, e Paolo, ex professore di filosofia con un peso nel cuore. Salgono su un furgone, senza smettere di fissare le onde. Quella bellezza però non li culla, li stordisce. Non sono in vacanza. Sono diretti al carcere di massima sicurezza dell’Isola: lei, oltre il vetro del parlatorio, vedrà un marito assassino, lui un figlio terrorista. Ogni volta le visite acuiscono il senso di lutto che li avvolge. E sono soli nel dolore: siamo alla fine degli anni Settanta e per loro non ci può essere pietà pubblica. Il maestrale li blocca sull’Isola dove li scorta Nitti, un agente carcerario che cela un’inaspettata verità. Dopo il loro incontro, le esistenze di Paolo e Luisa non saranno più le stesse. Con questo romanzo Francesca Melandri continua la sua ricerca tra gli interstizi della storia, raccontandoci anni che pesano anche se li vogliamo lontani, inattuali. Il suo sguardo recupera le vite dei parenti dei colpevoli, vittime a loro volta ma condannate a non essere degne di compassione. E le accompagna fino a una notte in cui i destini che sembravano scritti si prendono la loro rivincita.
Della Melandri ho letto un paio di anni fa “Il sangue giusto”, romanzo bellissimo da molti punti di vista: come romanzo storico, come romanzo di formazione, come riflessione su problemi molto attuali della società italiana. Ottima gestione delle linee narrative, bei personaggi e soprattutto: un’autrice con una sua lingua! Ora ho letto questa sua opera precedente (uscita circa dieci anni fa) “Più alto del mare”.
Romanzo molto interessante ambientato nei primi anni Ottanta in un carcere di massima sicurezza (mai nominato esplicitamente ma che sembra quello dell’Asinara), visto con gli occhi dei parenti in visita, in particolare due, che hanno rispettivamente là rinchiusi il figlio e il marito. Si vede che l’autrice è ancora immatura: lo dimostra un certo schematismo nei personaggi e alcune goffaggini nella concatenazione delle loro riflessioni (a volte semplicemente giustapposte, quando la Melandri non riesce a farle fluire con naturalezza l’una dall’altra). Funziona meglio la disposizione degli eventi e la progressiva maturazione della conoscenza tra i protagonisti. Per quanto imperfetto, il romanzo è però molto interessante per i temi che tocca, per la delicatezza non prevenuta con cui sfiora gli anni di piombo e il tema della violenza in genere, compresa la violenza nelle e delle carceri. Per conoscere l’autrice, “Il sangue giusto” è l’opera matura che consiglio. Ma anche questo romanzo ha una bella lingua e un peso specifico notevole. Sicuramente mi procurerò il suo ultimo libro uscito quest’anno “Eva dorme”.
Paola Borgonovo
di Francesca Melandri (Autore) BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2013
“Potevano i visitatori di un carcere speciale essere accolti dalla bellezza del creato? Sì, potevano. E questo era inganno, crudeltà, stortura.”. Asinara, fine anni Settanta. C’è la guerra, in Italia. È tempo di regime duro, tolleranza zero, e l’istituto di massima sicurezza dell’Isola ne è il luogo simbolo. Luisa non lo sa e quando sale sulla nave per far visita a un marito pluriomicida è agitata, sì, ma solo perché non ha mai visto il mare. Paolo invece ne sa fin troppo e, quando torna sull’Isola, quel profumo salmastro gli riporta alla mente le estati al mare con il figlio piccolo. Molto prima che l’orrore della lotta politica irrompesse nelle loro vite. Ma c’è una cosa che Luisa e Paolo hanno in comune: sono soli nel dolore, in un Paese che non può permettersi pietà pubblica per gente come loro. Bloccati sul posto dal maestrale, accettano l’ospitalità di una guardia carceraria, Nitti. Li attende una lunga notte che sembra disegnata dal destino.