Benjamin Alire Sàenz, Tutto inizia e finisce al Kentucky Club

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Mi sembra oramai evidente che il sig. Sellerio editore di Palermo non sia più solo montalbani e detective assorititi. E poi non vinci il Faulkner 2013 se sei un patacca qualsiasi. Storie di confine. El Paso e Juarez. Dove la vita vale meno di un sacchetto di pop corn. Il filo conduttore è un locale attraverso il quale passano le esperienze di spacciatori, sbandati, figli di puttana ed umanità nella più atroce solitudine. Una meraviglia.

Pier Francesco Marton

 

Dal sito di Sellerio (http://sellerio.it/it/catalogo/Tutto-Inizia-Finisce-Al-Kentucky-Club/Enz/7393) :

Benjamin Alire Sáenz

Tutto inizia e finisce al Kentucky Club

L’affresco di una realtà al confine tra il Messico e gli Stati Uniti, tra El Paso e Ciudad Juárez, tra la vita e la morte. Una frontiera geografica che separa le persone e unisce i destini, tra amore e sensualità, disperazione e redenzione. «Sáenz scrive in una prosa di grande tenerezza, che tiene alta l’attenzione. In ogni sua parola si scopre una piccola sorpresa, un’ironia sottile, le sfumature di un’immaginazione poetica» (Booklist).
Vincitore del PEN/Faulkner Award 2013
Vincitore del Lambda Literary Award 2013

Traduzione dall’inglese di Luca Briasco
Titolo originale: Everything Begins & Ends at the Kentucky Club

Un bar di altri tempi, a pochi isolati dal ponte che unisce due città e due nazioni estremamente diverse, è al centro di sette storie collegate fra loro. Storie di confine, che a volte è un muro invalicabile, altre una via di fuga.
Due città che si guardano in faccia: negli Stati Uniti c’è El Paso, in Messico Ciudad Juárez. Considerata la più violenta area del mondo al di fuori delle zone di guerra, Juárez è stata raccontata da Roberto Bolaño ne I detective selvaggi e in 2666, con il nome di Santa Teresa. È protagonista, assieme alla città gemella, della serie televisiva The Bridge. Ma soprattutto è il teatro sconvolgente e drammatico di crimini efferati: una sterminata serie di omicidi di donne, oltre 4.000 dal 1993, una imponente guerra fra i cartelli della droga che ha causato migliaia di vittime. El Paso invece, nonostante il nome spagnolo e i pochi chilometri di distanza oltre il fiume Rio Grande, è l’America, è il Nord: un miraggio, uno specchio distorcente, un luna park.
Sospesi tra questi due mondi che in realtà sono un oggetto solo, un esempio paradossale e perfetto dei conflitti che attraversano le società contemporanee, si muovono i protagonisti di Sáenz: uomini e donne, giovani e anziani, che cercano di vivere e di sopravvivere. Attraversando il dolore e il rimorso, la mancanza e il desiderio. Lottando per trovare e mantenere l’amore, quello dei propri cari, di genitori che li hanno salvati o distrutti, degli amici con cui hanno trascorso il tempo, dei compagni e delle compagne di una notte. Tra loro c’è sempre una barriera, come tra le due città, che può essere reale o immaginaria, sancita dal sesso o dalla ricchezza, una linea che divide la luce dall’oscurità, l’abisso che separa il sano dal tossico. Ma al Kentucky Club, magari solo per una notte, queste divisioni sembrano affievolirsi. Inglesi e spagnoli, gringos e messicani, omosessuali ed etero, poveri e ricchi, anche loro si guardano in faccia, si raccontano una storia e finiscono di bere un altro bicchiere. Poi, se ce l’hanno, tornano a casa, attraversano di nuovo quel ponte, forse per non incontrarsi mai più.

Benjamin Alire Sáenz è nato nel 1954 a Old Picacho, in New Mexico. Presidente del dipartimento di Scrittura creativa alla University of Texas di El Paso, dove vive, è artista e poeta, narratore e autore di libri per bambini, premiato con la Wallace Stegner e con la Lannan Poetry Fellowship per le sue opere di poesia, e finalista al Los Angeles Times Book Prize.

Philipp Meyer, Il figlio

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Ne avevo segnalato l’acquisto qualche settimana fa. Notevolissimo. Se vi piace roba tipo mc carthy fatelo vostro.

E’ inattaccabile. Davvero. Se non vi garba sono pronto al rimborso o alla spedizione gratuita di foto autografa di Sartorati indossante t-shirt del gatto Garfield.

Pier-Francesco Marton