Questo post è stato rimosso – Hanna Bervoets #HannaBervoets #socialmedia

Questo piccolo libro mi ha permesso di riflettere su un tipo di lavoro che non conoscevo: quello del moderatore di contenuti per una piattaforma di Social Network. Ogni giorno chi se ne occupa deve leggere e visionare contenuti – spesso di una violenza indicibile – che vanno dalla diffusione del terrapiattismo e dalla negazione dell’Olocausto fino all’autolesionismo suicida di un’adolescente.

A distanza di pochi mesi dall’inizio del lavoro, i giovani protagonisti di questo romanzo cominceranno a risentire di un vero e proprio disturbo da stress post traumatico, con conseguenze che dirameranno le loro dita di fogna fino a quelle che prima erano vite con dei punti di riferimento, una fidanzata, una vita condivisa apparentemente calma e sicura. È quello che succederà alla protagonista – e voce narrante – Kayleigh e alla sua fidanzata Sigrid, al giovane Kyo, a Louis e a Robert. Tutti vittime di un trauma che si declina in base alle rispettive sensibilità e personalità.

Alla fine la metamorfosi di spingerà fino alla conseguenza peggiore di tutte: la realtà più intima e sacra verrà degradata a rappresentazione virtuale, come quando, per rielaborare un trauma, non si trova altro modo che riprodurlo. Tutto può essere il contrario di tutto, ogni settimana cambiano i parametri stessi con cui giudicare cosa è accettabile e cosa no, cosa è giusto e cosa è sbagliato. Inevitabile che la testa esploda. Eppure, io nel finale ci ho ravvisato un – seppur in apparenza paradossale – recupero, un trionfo, seppur sofferto e in parte già staccato dalla realtà, di quella che è la qualità più umana: la compassione. E un tentativo di riconciliazione nonostante tutto, di amore.

Ho apprezzato molto la resa da parte dell’autrice delle sfumature psicologiche nella reazione tra Kayleigh e Sigrid. La dominanza, la sessualità prorompente e il tentativo di avere tutto ben incasellato, ben sotto controllo di Kayleigh; la fragilità e la sensibilità di Sigrid, il suo panico nel cuore della notte e il tentativo disperato di veicolare le sue emozioni alla compagna. Il sentirsi schiacciata e impotente, la necessità conseguente di circondarsi di barriere ermetiche.

Se cercate un romanzo da leggere rapidamente ma che vi faccia riflettere sulla particolare complessità del mondo attuale, “Questo post è stato rimosso” potrebbe fare per voi.

Ps. Il romanzo, o racconto lungo, è stato scritto dall’olandese Hanna Bervoets per l’evento della Settimana del libro dell’anno 2021, di cui è stata nominata autore in quell’occasione.

Giulia Casini 18.08.22

Essere un moderatore di contenuti significa vedere l’umanità al suo peggio, ma Kayleigh ha bisogno di soldi. Ecco perché accetta un incarico per una piattaforma di social media di cui non le è permesso fare il nome. La sua responsabilità consiste nell’esaminare video e foto offensivi, sproloqui e teorie cospirative, e decidere quali debbano essere rimossi. È un’attività estenuante. Kayleigh e i suoi colleghi trascorrono le giornate guardando le cose più orribili sui loro schermi, e valutandole secondo le linee guida dell’azienda, che cambiano in continuazione. Eppure lei sente di essere nel posto giusto. È brava nel suo ruolo, trova amici tra gli altri moderatori e, quando si innamora della sua collega Sigrid, per la prima volta il futuro le sembra luminoso. Ma presto il lavoro inizia a cambiarli tutti, facendo deragliare le loro vite in modi allarmanti. Quando i colleghi crollano uno dopo l’altro, quando Sigrid diventa sempre più distante e fragile, quando i suoi amici cominciano a sposare le stesse teorie cospirazioniste che dovrebbero valutare, Kayleigh si chiede se quel che fanno non sia troppo per loro. Eppure lei sta benissimo. O no?

Ambientato nel mondo tossico dei moderatori di contenuti, Questo post è stato rimosso è una storia potente e attuale su chi o che cosa determini la nostra visione del mondo. Esplora il concetto di moralità e di come sia fluido, mutando costantemente a seconda di dove e con chi ci troviamo, e mette in luce il potere delle grandi aziende tecnologiche, il modo in cui ci controllano e alla fine ci cambiano per sempre.

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Beach Music – Pat Conroy #PatConroy

Un terrorista travestito da frate, un copione cinematografico che nasconde un segreto, un suicidio che ha le sue radici nell’Olocausto, il cinismo di Hollywood: un romanzo dell’autore de Il principe delle maree che la critica ha definito “l’epopea di una generazione di arrabbiati desiderosa di imboccare la strada del ritorno”.

630 pagine fitte di contenuti di eventi e racconti e di un linguaggio ricco, denso, che riempie e appaga, come avevo già potuto apprezzare nel precedente romanzo; Pat Conroy scrive bellissime storie in un modo eccellente.

“Le insegnai a distinguere la nostra posizione nel Campo usando l’olfatto. Il lato sud era impestato di odore di pesce, e non importa quanta acqua o lavoro di strofinaccio eliminasse da quella parte di piazza il tanfo di ammoniaca: quelle pietre erano marchiate dal pesce. E lo stesso facevano, in altre parti della piazza, la carne degli agnelli macellati e i grani di caffè, e i mazzi di rughetta, e le scintillanti piramidi di agrumi, e il pane appena cotto che, uscito dal forno, produceva un profumo bruno. Spiegai a Leah che, per imprimere nella memoria il delicato graffito del tempo, l’olfatto è meglio di un diario.”

Un ordito delizioso di storie che si intrecciano nell’intreccio feroce della Storia!

La storia della Seconda Guerra e dell’Europa, la storia del tormento degli Ebrei, raccontata con incredibile forza e pathos; i moti studenteschi degli anni ‘60 in America, contro la guerra in Vietnam. Ma anche una splendida descrizione di Roma e una critica al Sud degli Stati Uniti. Una spirale discendente, che si srotola lentamente per svelarci come la storia dei padri ammanta di dolore le vite dei figli.

“Pensi che potresti gettare tua figlia Leah in un crematorio, Jack? Ovviamente no. il tuo amore per lei è troppo grande, vero? Lascia che ti affamino per un anno. Che ti pestino sino a spappolarti la volontà. Che uccidano tutti quelli cui vuoi bene, e che ti lavorino fino a farti crollare. Lascia che ti umilino, e che ti riempiano di pidocchi i capelli e di vermi il pane. Lascia che ti portino al limite, e che lungo i bordi della tua anima scoprano dove finisce la civiltà e dove inizia la depravazione. E qui il trucco, Jack. Devi annichilire l’uomo, e a quel punto lo possiedi. Lascia che io ti annichilisca così come loro hanno annichilito me, e ti prometto che butterai Leah nel fuoco, che la impiccherai, che guarderai cento uomini che la stuprano e poi le aprono la gola, e ne gettano brandelli di corpo ai cani affamati lungo la strada. Ti turbo. Mi dispiace. Ti dico quello che so. Ma adesso un’altra cosa: è possibile che tu uccida con le tue mani tua figlia perché il mondo è in pezzi e Dio ha nascosto il proprio volto; e, uccidendola, penserai di star provando il tuo amore per lei come mai hai fatto sino a quel momento. Leah la ucciderei io stesso, stanotte prima di lasciarle passare quello che ho passato io, Jack.”

Carla Putzu