
Orbene, questo libro, consigliato da Owlina Fullstop, amica ammè, è ambientato in Inghilterra (terra sì cara al mio cuore) metà Ottocento, casa editrice Jo March (ehhhh!!!) e che altro aggiungere, piatto ricco mi ci ficco.
Sull’ambientazione del romanzo, la differenza tra Nord e Sud, il contrasto sociale tra industriali e operai ci ha già detto ogni cosa la suggeritrice e pertanto non mi resta che indugiare su poche altre riflessioni.
– La campa…gna inglese è ormai per me un eldorado leggendario e mitico, e ce lo so che ciò è ascrivibile alle fuorvianti letture che hanno impregnato irrimediabilmente le mie sinapsi, brughiere, giardini, incantevoli dimore e graziosi cottage, fiori, prati verdi, accoglienti taverne, che poi magara la visito e diluvia sempre, l’umidità m’entra nelle vecchie ossa, me vengono le febbri reumatiche e l’Eden se ridimensiona. Ma si rinasco il primo libro che leggo è IT, così Derry sarà l’impostazione predefinita e amen.
– L’onore, ah il senso dell’onore! E sarò puro vetero ma io ne sento orribilmente la mancanza nei nostri giorni cinici e soprattutto bari.
Il periodo metà Ottocento-primi Novecento è MIO, in tutto e per tutto. Oddio, certo, se la gente avesse evitato di tirare le cuoia per malattie non meglio precisate dalla sera alla matina, la sera sto na favola la matina so defunta, magari preferirei. Ma se sa, io sono incontentabbile.
– Il lieto fine. Si ha talvolta bisogno incondizionato del lieto fine, sapevatelo.
O quantomeno io ne ho bisogno, come la cozza dello scoglio, il pellicano del pesce, il panda dei germogli di bambù, la norma della melanzana.
Piaciuto assai. Certo SPAM SPAM SPAM c’è stato bisogno de na strage di parenti-amici per giungere alla lieta risoluzione, ma il fine, se sa…E ora via de divvuddì!
Lazzìa