Memoria di ragazza – Annie Ernaux #AnnieErnaux @DelleVolte #recensione

Titolo originale: Mémoire de fille traduzione di Lorenzo Flabbi
Editore: L’Orma Collana: Kreuzville Aleph

Il ricordo di ciò che ho scritto già si cancella. Non so cosa sia questo testo. Persino quel che inseguivo scrivendo il libro si è dissolto.
 

(Sinossi) Estate 1958. Per la prima volta lontana dalla famiglia, educatrice in una colonia di vacanze, una diciottenne scopre se stessa: l’amore, il sesso, il giudizio degli altri, la fatica di essere giovani, la sete di libertà. Tra la luce delle foto di quel tempo e il buio dei ricordi rifiutati, Annie Ernaux rivive l’età di passaggio che la trasformò in donna e in scrittrice, interrogandosi sui pensieri, le aspettative, le ritrosie (senza tralasciare i disturbi alimentari e le angosce della fertilità) della «ragazza del ’58». In pagine piene di inquietudini e dolori segreti, traboccanti di slanci e di canzoni – l’«esperanto dell’amore» –, è la vergogna del passato a generare la memoria, rivelandosi inaspettato dono, irrinunciabile arma in quella «colluttazione con il reale» che è al cuore dell’impresa letteraria di Ernaux. Memoria di ragazza, potentissima riflessione sulla scrittura e su un’epoca cruciale dell’esistenza, è il romanzo, proibito e inconfessabile, che l’autrice ha inseguito per tutta la vita.

*[…] È stupido non poter sapere in quale momento si è più felici.*

*È la mancanza di senso di ciò che si vive nel momento in cui lo si vive che moltiplica la possibilità di scrittura*

Amo prepotentemente la scrittura della Ernaux. Leggo ogni sua riga tradotta che mi trovo fra le mani con un’avidità particolare. Vorrei conoscere il francese per intrufolarmi fra le sue pieghe e le sue piaghe senza intermediari. Amo la sua capacità di parlare all’universale riferendo il proprio particolare, facendo del suo privato, delle sue personalissime fatiche, emotive ed evolutive, un magma denso che si insinua sotto pelle e acquista, senza chiedere il permesso, le tue forme, quasi si trattasse della tua stessa esperienza. La lealtà di questa donna è impressionante: nessun filtro deforma il racconto, la nudità è un imperativo – non traveste le sensazioni, non copre la vergogna, non mente atteggiamenti politicamente corretti laddove lei o la vita ne hanno avuti di urticanti. Mai fasulla, la scrittura scorre, salvifica, in tutta la sua potenza di preghiera e redenzione, con tutta la violenza di cui può essere capace, con la grazia delle rivelazioni. Mi rendo conto che è uno sguardo personalissimo e legato a una mia urgenza, ma credo si tratti, a prescindere, di una meravigliosa esperienza di lettura. Così non fosse, ho iniziato parlando d’amore, quindi, è delle cose, mi si perdoneranno, mi auguro con tenerezza, le farfalle nello stomaco cui ho dato voce.

Rob Pulce Molteni

Incidente notturno – Patrick Modiano #recensione #patrickmodiano

…tanti visi colti per un istante che brilleranno nella memoria con uno scintillio di stelle lontane per poi spegnersi il giorno della nostra morte senza aver rivelato il loro segreto.

Di notte, a Parigi, un giovane viene investito da un’auto (una Fiat color verde acqua) guidata da una giovane donna. L’investitrice lo soccorre e lo accompagna all’ospedale, forse assieme ad un compagno, un signore bruno, distinto… poi il risveglio in una clinica, odore di etere, ricordi confusi.
Il giovane, senza nome, con addosso qualche traccia delle ferite subite e un fascio di banconote lasciate dalla coppia assieme ad un verbale dell’incidente, inizia a girovagare per la città, senza un preciso obiettivo, con un’unica traccia del nome dell’investitrice, avvolto in una specie di nebbia emotiva e psicologica, accompagnato da frammenti di immagini, ricordi che affiorano, e l’odore di etere ereditato dal soggiorno in clinica e usato per dormire e lenire il dolore. In un clima da romanzo giallo, vaga per i quartieri di Parigi, ambienti colti in suggestive immagini preferibilmente notturne, come in un film d’Autore girato in bianco e nero. Nel vagabondaggio qualche squarcio della sua storia, di un padre poco amato, forse losco, una madre assente, una ragazza con cui per un certo periodo si accompagna e poi scompare improvvisamente e qualche indizio che gli fa affiorare il ricordo di un incidente simile avvenuto da un’altra parte quando era più piccolo e forse un incontro con la stessa persona che lo ha investito… Una storia breve, intensa e incalzante, la propria vita come un puzzle di cui non si riesce a venire a capo, i pezzi che non si incastrano, incontri misteriosi e incompiuti, sentimenti che galleggiano dentro senza mai affiorare definitivamente. Personaggi che sono ombre o di cui si intravvedono solo elementi parziali e non risolutivi per dare un senso compiuto alle relazioni avviate…
E poi alla fine l’incontro e il ritrovamento della donna e forse la possibilità che l’incidente diventi un destino.

Non ho letto molto di Modiano, conosciuto, soprattutto fuori dalla Francia, solo dopo aver vinto il Nobel 2014 e forse è uno degli autori per i quali vale più di tutto l’idea che un autore in fin dei conti scrive sempre lo stesso libro: per lui è la ricerca di una identità perduta, la necessità di risalire con fatica il filo delle proprie vicende, dei propri luoghi per dare un senso compiuto a quello che non sembra avere senso. Forse perfino ossessivo e ripetitivo nelle sue tematiche ma ricco di suggestione e capacità evocativa dello scorrere del tempo.

“Ma no, non ho nulla da nascondere… la vita è molto più semplice di quanto tu non creda”.

Renato Graziano