Vita – Melania G. Mazzucco #MelaniaGaiaMazzucco

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«Le parole, Diamante le mette nella valigia… Forse non hanno nessun valore, ma non ha importanza. Lascia a Vita tutto quello che ha trovato, tutto quello che ha perso. Le lascia il ragazzo che è stato e l’uomo che non sarà mai. Perfino il suo nome. Ma le parole – quelle le porta via con sé».

 

Io invecchiando divento per certi versi più malleabile e indulgente, per altri più intransigente ed esigente. La seconda che ho detto vale per i libri. Mi rendo conto che nei tottomi letti l’anno addietro me ne sono gustati in percentuale davvero pochi. Epperchè perchè ndringhete ndrà, non ce lo so e anche stigrancazzi. Tutto sto incipit per spiegare como mai il primo del 2016 mi è in parte piaciuto in parte no.
Lei, la Melania, io non la conoscevo punto, fin quando una mia colleguccia carina assai non mi prestò Sei come sei e dipoi Vita.
Ed è proprio di Vita che andiamo a chiacchierarcela.
Cosa mi è garbato di esso:

– la ricerca delle proprie origini.
che io me lo ricordo perfettamente quando che mammetta mia raccontava l’epopea della famiglia ed io, adolescente prima, ragassa e donna poi, metaforicamente alzavo l’occhi al cielo e pensavo “ce risemo ecchedupalle”. Poi l’anni passano, le mamme imbiancano ed eccomi ora ad essere incuriosita e a voler sapere da dove vengo, chi c’era prima di me, cosa ha fatto, dove e come ha vissuto. Epperciò capisco la Melagna e l’apprezzo assai per la strenua ricerca.

– la descrizione degli immigrati all’Ammereca ai primi del ‘900. Interessante e a tratti commovente.

– la descrizione dei viaggi sull’oceano, della Nuovaiocche che fu, dei paesaggi sconfinati, del fronte durante la 2 guerra.

Cosa non mi ha convinto:

– la storia d’ammore tra le due creature.
che fino a un certo punto ho trovato tenera evvai con dolcezze a profusione, poi ho iniziato a rimirarci una certa qual stucchevolezza e mi accorgo che sempre più spesso mi capita ormai di non appassionarmi alle storie d’ammore (a meno che non si tratti di robbe dichiaratamente farlocche, ce lo so in anticipo, non vado in cerca d’altro e bon, vissero felici e contenti e siam tutti giulivi e beati). Ci deve essere altro per prendermi. Se il filo conduttore di un libro è la storia d’amore ebbasta alora dateme la Virgi, dateme la Kinsella, dateme Briggettgions e dateme un po’ d’ironia anche poca q.b., sennò me viene la pellagra e divento scettica e cinica e me parte debbrutto la vena critica.

Pure qua, i’ non so dir com’era, ma così è se vi pare.

Stefania Lazzìa

DESCRIZIONE

Nel 1903 Vita e Diamante, nove anni lei, dodici lui, sbarcano a New York. Dalla miseria delle campagne del Mezzogiorno vengono catapultati in una metropoli moderna, caotica e ostile. Vita è ribelle, possessiva e indomabile, Diamante taciturno, orgoglioso e temerario. Li aspettano sopraffazione, violenza e tradimento. Ma anche occasioni di riscatto, la scoperta dell’amicizia e, soprattutto, l’amore. Che si rivelerà piú forte della distanza, della guerra, degli anni. Questo fortunato romanzo, epico e favoloso, commovente e amaro, continua a incantare i lettori di tutto il mondo. Dando voce a un coro di personaggi perduti nella memoria, Melania Mazzucco tesse i fili di una narrazione che è insieme familiare e universale. La storia di tutti quelli che hanno sognato – e sognano – una vita migliore.

Melania G. Mazzucco – Il bassotto e la regina

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Un bassotto filosofo e canterino, uno studente di filosofia sottile e altissimo, con la testa tra le nuvole, una giovane immigrata clandestina, un importatore abusivo di animali esotici, un levriero afghano femmina che sembra la regina dei cani e una pappagallina verde curiosa e altruista, questi i personaggi con cui Melania G. Mazzucco ha costruito una favola moderna per grandi e bambini. Lo stile è lieve e invitante, intessuto di perle di garbata e sorridente ironia; la storia è interessante e radicata nell’attualità, anche se la narrazione della pappagallina le dà ali leggere per distanziarsi quel tanto che basta dalle miserie umane, e i protagonisti sono tratteggiati con precisione anche se nel breve spazio di cento pagine.
La morale è necessaria e benvenuta, e la storia non la racconto perché si indovina dal tratteggio dei personaggi, e poi è un tale piacere correre quelle cento righe, magari coi piedi a bagno nell’acqua di un rivo, o di un lago, o del mare per rilassarsi completamente, che non voglio toglierlo a nessuno.
Adesso devo solo convincermi che non ho sbagliato niente quando ho deciso che un appartamento al quarto piano non è una condizione di vita accettabile per un cagnolino.

maria silvia riccio