Gli anni al contrario, Nadia Terranova – Lettura di gruppo

terranova

Lorenza Inquisition: Comincio io perchè tanto domattina dormo e arriverò tardi, con cappuccino e bioches.
Partirò dicendo che forse vado controcorrente, ma a me non è piaciuto molto.

Innanzitutto non mi è piaciuto proprio lo stile di scrittura, troppo frettoloso nel raccontare, i dialoghi in genere non memorabili, le descrizioni brusche, a volte banali, a volte affrettate. Si avanza di vari anni in un centinaio di pagine, e a volte non c’è niente che segnali il passare del tempo: pensieri, dialoghi, vicende si trascinano mese dopo mese dopo anno tutti uguali, e sempre con accenni, mai descrizioni profonde, sofferte, o anche solo accurate. Tutto scorre così in fretta che a volte non c’è riflessione, non c’è mai un momento per “entrare” nella storia, i grandi accadimenti politici di quegli anni scorrono come se li guardassi dal finestrino di un treno, le gravi problematiche sociali -droga, AIDS, divorzi, figli allevati da un solo genitore- risolte in una mezza frase.

I personaggi li ho trovati solo abbozzati all’inizio, nel giro di tre pagine circa le loro caratteristiche sono buttate nel romanzo e mai più riprese. E comunque anche quando pensano e cercano di parlare al lettore, è come sentirli attraverso il vetro di un acquario. E’ vero che non necessariamente si deve essere coinvolti emotivamente da un libro, non sempre, però io a volte avevo l’impressione che anche saltando una o due pagine non avrei perso significative riflessioni o approfondimenti di pensiero, mi sarei solo ritrovata avanti di qualche anno nella storia.

Detto ciò, un libro non stupido, neanche troppo scontato a parte il finale, eppure gli ultimi capitoli sono i soli che ho trovato belli. È comunque breve come libro, cosa che in certi casi, questo per esempio, è un vantaggio.

Sara Rebori: Concordo. Signori, a sorpresa il mio corso sulla sicurezza è meglio del libro. Non sono riuscita a farmi coinvolgere… I due mi sono piuttosto antipatici, Giovanni per l’enorme egoismo mascherato malamente da idealismo, Aurora per una sorta di incapacità di essere felice. Non voglio dire che la sua vita non sia difficile ma forse un briciolo di grinta in più…. non so. Quanto all’ambientazione storica, bè nello stesso periodo ho letto morte di un uomo felice e paragonandoli trovo la ricostruzione della Terranova simile ad una vecchia pubblicità della kodak fontana di trevi… Colosseo. .. troppo a volo d’uccello. Avrà un buon ufficio marketing? Perché ne ho letto commenti entusiastici e non ho trovato poi riscontro… Pazienza.

Anna LittleMax Massimino Mi conforta leggere questa recensione. Temevo di essere la sola a pensarla così Piu’ tardi dirò meglio.

Massimo Arena Vabbè ma io adesso cosa scrivo? hai già detto tutto te! D’accordo su tutta tuttissima la linea, anche sul finale che, seppur scontato, è riuscito nell’intento di commuovermi e prendere mezzo punto in più nella mia valutazione, raggiungendo una sufficienza molto risicata. 

Martina Viel Completamente d’accordo. La storia secondo me poteva avere degli spunti pazzeschi, da farlo diventare un libro memorabile. Peccato che l’Autrice abbia scelto di riassumere il libro originario (perché, dai, ci dev’essere per forza la versione estesa da qualche parte a casa sua!) facendo un riassunto cronologico veloce e che non entra mai in profondità. Peccato, perché anch’io mi sono commossa per vicende e momenti che mi hanno fatto rivivere un po’ certi racconti di mia madre e della sua giovinezza…però non sono mai riuscita a farlo fino in fondo perché appena giravo pagina mi trovavo già due o tre anni in là.

Daniela Quartu: Ciao! Buona primavera gruppanti!
Su una cosa sono d’accordo con voi: il libro doveva durare di più. Ma scusate, se ne volevate ancora, questo non è un indice del fatto che fosse bello? Per me è stato così.
Ho davvero apprezzato moltissimo lo stile che invece a tanti non è piaciuto. Io penso che la scelta di una scrittura così asciutta sia invece efficace per evitare di cadere nel patetismo, a cui una storia così poteva facilmente prestarsi. Non so per voi, ma per me lirismo, retorica, frasi a effetto per dimostrare quanto sia bravo lo scrittore sono respingenti.
Per quanto riguarda il quadro storico poco approfondito, non è venuto fuori il fatto che dall’ultima pagina si capisce che la voce del racconto è quella di Mara: è lei a raccontare la vita dei genitori, e dunque per me è azzeccata la scelta di lasciare la Storia sullo sfondo. Per la bambina si tratta di raccontare quello che è successo a lei, quello che è importante per lei. Non si tratta di Tolstoj che per raccontare l’amore tra Natascia e Andrej (scusate se non cerco l’esatta grafia) riempie pagine e pagine di battaglie e politica, tanto per citare il meraviglioso brano letto qui qualche giorno fa. La storia è intima, familiare: la malattia, la droga, il terrorismo sono una stanza d’ospedale, un padre che lascia la figlia da sola al parco, una pistola in una valigia. Dettagli che però ricostruiti restituiscono anche il quadro più ampio, il clima in cui una generazione ha vissuto senza mettersi il problema di ricostruirlo, perché ci si muoveva dentro. Chi ha vissuto quegli anni infatti si è riconosciuto.
I personaggi per me sono ben caratterizzati con poco: non si indugia nei loro labirinti psicologici, ma si lascia che siano i fatti a parlare.
Che ne dite?

Massimo Arena: Non sono d’accordo sul fatto che sia bello perché ne volevamo di più. Io per me personalmente ne volevo di più per capire di più, non perché l’abbia trovato bello.
Di 22/11/63 di King ne volevo di più, fino all’infinito, perché l’ho trovato bello, non
di questo che pare qualcuno che racconti la trama di un libro.
Io ho trovato che, tutto sommato, la Terranova non scriva male, il romanzo è assolutamente leggibile ma i contenuti non li ho trovati affatto coinvolgenti: scritti talmente frettolosamente (come tempi all’interno della storia, intendo) che faceva venire voglia di finirlo in fretta anche a me.

Maria Silvia Riccio: Mi ricordo almeno due recensioni di Gli anni al contrario condivise nel gruppo nell’ultimo paio di mesi, e adesso sembrano scomparse: se faccio la ricerca, fb mi dice che non riesce a trovarmi quello che cerco Emoticon unsure Magari mi ricordo male, e chissà dove le ho lette, ma ero quasi sicura… e insomma, me le ricordo quasi entusiastiche, tanto che mi ero ripromessa di andarlo a cercare in libreria alla prima occasione utile già prima che diventasse il libro della lettura di gruppo. Invece l’entusiasmo non m’è venuto. Sono d’accordo con chi si rammarica del tratteggio un po’ approssimativo e vorrebbe leggere il romanzo da cui questa versione light deve – deve – essere stata tratta… peccato.

Daniela Quartu: Che io sappia invece il romanzo nasce da un racconto più breve che è stato dilatato, non da un romanzo corposo tagliato. Forse questo si sente, non so.

Lorenza Inquisition: Mi ricollego a quanto dice Massimo parlando di Giovanni, Quante mazzate però a Giovanni eh?
E spezzo una lancia verso la caratterizzazione dell’autrice che evidentemente deve aver conosciuto qualcuno come Giovanni in gioventù, perchè io ne ho conosciuti e frequentati, di sessantottini e post sessantottini così. E sono – erano- proprio così: irresponsabili, persi nella rivoluzione, molto colti, il naso sempre in un libro di filosofia, sempre fuori corso. Molto affascinanti, con uno stuolo di ragazze che – loro- andavano avanti negli studi, si laureavano, iniziavano a lavorare e poi li mollavano perché dopo un po’ la rivoluzione a una ragazza che vuole farsi un futuro non interessa più tanto.
Il meglio è stato uno che era davvero un tipo interessante, potevi stare ad ascoltare x ore quando si metteva a parlare di storia e filosofia e politica. Aveva 40 anni e viveva con la madre che lo manteneva. Lui non lavorava perché nessun lavoro lo interessava e poi era troppo brutto lavorare, lo imbruttiva. Lavorava solo quando aveva bisogno qualche cosa che sua madre non gli avrebbe pagato, chessò un viaggio o un nuovo motorino, quindi lavorava da qualche parte fino a che aveva i soldi necessari e poi mollava. C’ha messo tipo 10 anni a laurearsi al dams, e poi si è iscritto a filosofia. E stava con due mie amiche contemporaneamente. Quindi sí, esistevano davvero sti tipi! E mazzate è la parola giusta!

Nicola Gervasini: va detto che essere così come Giovanni il personaggio del libro (ovviamente odioso visto oggi) negli anni 70 era un conto, esserlo oggi un altro..ogni epoca ha le sue storture…non penso possa essere giudicato come personaggio in se, per l’epoca era la normalità vivere così…la cultura generale in cui si vive va tenuta in considerazione, essere a favore della schiavitù oggi ha un peso morale ben diverso che esserlo stato ai tempi di Tutankamen con questo l’ironia del personaggio l’aveva già colta bene il Nanni Moretti del “faccio cose, mi occupo, vedo gente…”

Rob Pulce Molteni: Eppure mi pare scorra, volutamente, come troppo spesso scorre la vita, ossia Fuori. E ci sei dentro per forza, ma lei è fuori. O almeno così ti pare. Che poi sei tu, quella cosa che scorre. E allora ti scappa di non annotare nel tuo diario di attimi proprio tutto tutto, ma solo quel qualcosa che sarà il colore necessario del ricordo. La Storia la respiri e sei il fiato che lei ti concede. Tu poi scegli i come e i dove. E c’è chi è bravo e chi no, chi si perde e chi no. C’è anche chi non si accorge di niente.
E c’è della Storia che volente o nolente ti è tatuaggio, ti mette su un piedistallo d’attenzione che per altri non c’è. Gli anni settanta. Eccoci. La rivoluzione, la lotta. E chi l’ha pagata. E chi la paga. E chi non la vuole proprio pagare. E chi se ne accorge dopo, DOPO, quando tutto è diverso, quando l’entropia è in stallo e non si capisce bene chi è davvero forte e chi no, chi lo è stato e chi no.
La Storia si fa sulla pelle di chi la respira e forse qui c’è la voglia di dire quella pelle, la normalità grattata via dai muri da gente che la normalità se l’è inventata a furia di ingranaggi da scardinare, luoghi comuni da abbattere, cromosomi da maledire, da ripudiare, ma poi sei tu e la famiglia che ti ha fatto e ciao, sei tu come ti riesce, poche balle.
No, non mi ha travolta, questo libro. Non lo ha fatto. Eppure mi è piaciuto leggerlo. Un po’ per quella malsana voglia di farmi i cazzi degli altri che invecchiando mi esce prepotente, come a sfidarmi, prima o dopo, a permettere agli altri di farsi i miei. Un po’ perché le storie d’amore mi viene voglia di saperle tutte, come se a incontrare l’amore (romantico, malato, pallido, straziante, cortese, filiale, postumo) ci fosse la maniera di salvarne ogni giorno un bel pezzetto.
Ecco, per me questa è una storia d’amore più che altro. E a prenderla così la si ascolta volentieri.

Agata Pagani N.B. ho recensito ora per non perdere nulla di quello che ho pensato e provato leggendo il libro anche se in anticipo rispetto alla lettura del 21. Perdonatemi Cerco di non spoilerare, ma se lo farò perdonatemi, o non leggete!

<<Non abbiamo mai usato lo stesso dizionario. Parole uguali, significati diversi. Dicevamo famiglia: io pensavo a costruire e tu a circoscrivere; dicevamo politica; io ero entusiasta, tu diffidente. Io compattevo, tu ti rifugiavi. Se non ci fosse stata Mara ci saremmo persi subito, ma almeno non avremmo continuato a inclparci per le nostre solitudini. Quando penso agli anni trascorsi mi sembra che siano andati tutti al contrario.>>

Grazie a voi ho scoperto un’autrice e un libro che sarebbe stato un peccato non leggere.
Il romanzo è ambientato a Messina e segue Aurora e Giovanni dalla gioventù all’età adulta. Sono due vite parallele, contemporanee che divergono nel più estremo dei modi e allo stesso modo convergono a tal punto da formare una famiglia. Aurora e Giovanni rivoluzionari a modo loro. Aurora con una rivoluzione fatta di rinunce, di pazienza di sopportazione, Giovanni che crede nella lotta armata e nella rivoluzione e non è in grado di accettare quella “normalità” che è rappresentata dall’amore di Aurora. E poi c’è Mara, che porta il nome della ragazza di Bube, e che vede il mondo attraverso gli occhi di una bambina e questo mondo anche se terribile è bellissimo.
La Terranova descrive i suoi personaggi in modo impeccabile, quasi palpabile. Meno presenti i luoghi che rendono la storia una storia dovunque possibile. Uno spaccato di storia ben raccontata, gli anni di piombo e poi gli anni ottanta, grigi, disillusi, tristi fino ad arrivare agli anni 90, stucchevoli e patinati.
Gli afterhours cantano “non si esce vivi dagli anni ’80”, questa canzone mi è venuta in mente più volte mentre leggevo il libro perchè effettivamente chi ha vissuto gli anni ’70 con cognizione di causa e impegno politico ha faticato a sopravvivere ai decenni successivi.

<Ad Aurora sembrava di sentirlo continuamente, il vociare della provincia. E più che dalla condanna, era spaventata dal compatimento, dalle proposte di aiuto e dai tentativi di dialogo>>.

Nicola Gervasini: temo di essere d’accordo con Lorenza Inquisition, l’ho letto volentieri, ma di solito sono a dire che un libro poteva essere più corto…invece da una storia così ci si poteva fare un libro di 500 pagine, meno frettoloso, con più contesto storico (tracciato con una certa superficialità, insomma, niente che non si possa ricordare anche senza troppo documentarsi sul periodo) e soprattutto scavare più profondamente nei personaggi…..il loro rapporto è la cosa più interessante ma anche quello non scende mai sotto il livello di veloce racconto….esattamente quello che capita al 90% del cinema italiano odierno insomma Emoticon smile Comunque il libro ha le sue scene e i suoi pregi, gli darei un 6,5 non posso dire che non mi sia proprio piaciuto.

Agata Pagani: Dissento in parte con voi (beh certo, direte voi, a lei il libro è piaciuto…). E’ vero che la storia è incastonata in anni storicamente difficili e che gli aspetti storici non sono sviluppati, ma Aurora e Giovanni sono i figli di un tempo che c’è stato e che non cambia. Non so se riesco a spiegarmi correttamente. La storia italiana di quegli anni emerge anche se non narrata. Non so se maggiormente sviluppato mi sarebbe piaciuto altrettanto. QUello che ho apprezzato è proprio la narrazione di due vite sprecate vittime e carnefici in un periodo storico di facili entusiasmi e altrettanto facili spegnimenti. 

Federica Giancane: Il libro a me é piaciuto, darei come voto 8. L’ho letto quasi un mese fa, in un giorno. A fine lettura mi sono rimaste tante sensazioni ed emozioni.
Avrei voluto un libro sicuramente più lungo e con un contesto storico più approfondito: quegli anni mi interessano molto e non ho mai letto nulla, se non articoli di approfondimento o visto documentari. Però Aurora e Giovanni sono proprio figli di quel periodo e questo emerge chiaramente dalle pagine del libro. Avrei voluto un libro più lungo perché sono egoista e quando qualcosa mi piace, vorrei potesse non finire mai (cit.).
Ho fatto il tifo per Giovanni. Altri tossicodipendenti in altri libri li ho mal sopportati, lui mi ha conquistata. E come sempre appena l’eroe si redime, ecco la mazzata finale.
Aurora. La classica figlia perfetta cresciuta in un ambiente ovattato che poi con difficoltà affronta il mondo nonostante voglia mostrarsi forte. Indossa una maschera e tenta di andare avanti, ancora legata a un marito che in realtà non conosce e non capisce fine in fondo. Mi hanno un po’ ricordato la coppia di “Nessuno si salva da solo”: apparentemente lui lo stronzo insoddisfatto alla ricerca di, lei donna e mamma che cerca di mandare avanti tutto, covando insoddisfazione e dolore e risentimento.
Inutile dire che alla fine del libro ho pianto. Emotivamente è stato di forte impatto questo romanzo, forse anche perché l’ho letto in un momento particolare.

Anna LittleMax Massimino: Non ho molto da aggiungere a quello che ha già detto una parte di voi. Molte aspettative per un libro che aveva tutte le potenzialità per essere magnifico e che invece non mi ha convinta. Un romanzo breve con pretese di un tomo di mille pagine: troppe cose e troppo in fretta.
I protagonisti mi hanno più spesso indispettita che non emozionata, se non in quei pochi frangenti in cui per un attimo si apriva la porta di una possibilità, un momento in cui un passo in più avrebbe permesso loro di parlare davvero la stessa lingua, un momento che non hanno mai voluto concedersi.
Ho avuto più volte la sensazione che il tipo di narrazione molto elementare non fosse sintomo di uno stile voluto quanto, molto più semplicemente, di mancanza di stile.

Stefania Lazzìa: pensavo potesse essere proprio mia questa storia. del resto miei erano gli anni, gli avvenimenti, i morti. e invece no. ho letto sentendomi estranea, lontana. la percezione della me stessa di allora è assai diversa. ero arrabbiata anch’io e spaventata e combattiva. ma anche così ricca di velleitarie speranze, di sogni arraffazzonati, di amicizie, viaggi, ricchezza di di ideali e condivisione. i miei amici mi somigliavano, credo. confusi, incazzati e insieme gioiosi, sempre pronti a discutere. puri, mi piace pensare. di quella purezza giovane, la convinzione di voler fare qualcosa per cambiare lo stato delle cose. e vabbè, anche i nostri protagonisti erano così, direte voi. bah, io non li ho sentiti mai vicini invece. mi hanno lasciato fredda, distante. alla fine è quasi come se avessi letto un libro sugli anni ’60 in ucraina. ecchennesò perchè.

Diegoliano Zetti: Arrivo con ritardo bisettimanale: il libro non mi è dispiaciuto, ma non mi ha nemmeno entusiasmato.
Lo stile molto asciutto, tanto veloce da sembrare più parlato che scritto, è efficace; ogni tanto qualche dettaglio in più non sarebbe sgradito.
I personaggi sono descritti dalle azioni, ma questo comporta che vengano descritti praticamente solo Aurora (eterna indecisa, ma forse fin troppo emancipata per gli anni ’70 siciliani), Giovanni (un cretino, anche negli anni ’70), l’avvocato (più democristiano che comunista) e il fascistissimo (incredibilmente il personaggio migliore del libro); gli altri personaggi sono appena abbozzati e anche abbastanza inutili nella vicenda.
Il libro è autobiografico e non tratta eventi particolarmente eccezionali, sfiora il terrorismo delle BR, vivacchia nel conformismo siciliano, racconta la dipendenza da eroina e accenna alla “nuova” piaga dell’AIDS.
Forse non ha tutti i torti chi lo considera un riassunto…