Leonard Gardner – Città amara #LeonardGardner

«La fabbrica non assume personale al momento. Le squadre per le pesche sono al completo. Tornate quando i pomodori saranno maturi», annunciò un giovane dall’aria austera. Billy Tully ed Ernie Munger dovevano osservare sempre la fila degli ultimi, che porta in nessun dove, fosse essa per salire sul pullman dei pugili, o a bordo di quello degli stagionali della terra che guadagnano la giornata.

città amara

Mi incuriosiva molto questo romanzo definito da molti come “Il giovane Holden della boxe”, per il semplice motivo che si tratta dell’unico romanzo scritto da Gardner, oggi ottantunenne. Alla fine di queste 194 pagine – divorate – si resta con un senso di incredulità considerando come un talento narrativo così solido, incisivo ed efficace (mi è parso di sentirci la durezza di McCarthy, il disincanto visionario di Fante, la pietà asciutta di Haruf) non abbia fruttato altre storie. Tant’è, dobbiamo accettarlo e goderci questo Città amara (Fat City il titolo originale) che ci racconta il crepuscolo esistenziale di due giovani vite (il più anziano dei due ha 30 anni) destinate a una sconfitta molto più profonda di quella che può consumarsi su un ring, così profonda da divorarsi ogni possibilità di vittoria. E’ una distanza incolmabile tra il consumarsi della vita e il comprenderne il senso, il motore che giustifichi lo sforzo della dignità, dell’amore, dell’umanità. Le vicende di Billy e Ernie si incrociano e si allontanano, come falene attirate dalla stessa, flebile luce. La rabbia che li muove non ha peso specifico, cerca disperatamente una pienezza che non ha, proprio come tutto il resto. Ai margini del sogno americano implodono tutti i motivi per avere sogni, volontà, persino sentimenti. La boxe diventa un momento emblematico in cui nessun riscatto è possibile, solo un’ebbrezza fugace. Tutto il resto è rovina, dissolvenza in grigio.

Stefano S.

L’editore Fazi ha appena ripubblicato “Città amara” (Fat City, nell’originale), nella traduzione di Stefano Tummolini. È l’unico romanzo di Leonard Gardner – autore di racconti e sceneggiatore, e anche attore – e uscì negli Stati Uniti nel 1969: John Huston ne fece un film con Stacy Keach e Jeff Bridges. 

Deserto americano – Claire Vaye Watkins @NeriPozza #ClaireVayeWatkins

desert

Uno dei libri più belli letti in questo fine 2015. Scenario che ricorda molto La Strada dell’Immenso McCarthy, questa volta però in una California arsa dal sole e priva d’acqua. Lei tra l’altro è la figlia del braccio destro di Charles Manson. Quindi a livello di scrittrice maledetta potrebbe avere le carte in regola. Una sorprendente scoperta.

Pier

DESCRIZIONE

Una terribile siccità si è abbattuta sulla costa occidentale degli Stati Uniti e ha trasformato la California in un unico grande deserto. I fiumi, il verde, i mammiferi, la vegetazione tropicale e subtropicale, il fogliame lussureggiante, gli agrumi… tutto sembra svanito, svaporato pian piano come l’acqua degli ultimi bacini sorvegliati dalla Guardia nazionale.
Luz e Ray vivono immersi nella luce, sotto il sole implacabile di un canyon, nella casa appartenuta un tempo a un’attrice: un cubo di vetro e ardesia con gli scorpioni che escono dai tombini, un paio di rane mummificate nella fontana asciutta, la carcassa incartapecorita di un coyote nella forra.
Luz è una ex modella venticinquenne, vezzeggiata e poi messa da parte dal mondo della moda. È stata a Parigi, Milano, Londra, ma non ricorda niente di quei viaggi fatti quand’era un’adolescente strappata all’affetto dei suoi. Ray è tornato dalla guerra magro come un chiodo. Anziché raggiungere casa, ha rubato una tavola da surf e si è lasciato alle spalle crisi, carestie e guerre. Volava sulle onde dell’oceano quando Las Vegas è stata sepolta da una duna gigantesca rovente come un mare di lava.
Un giorno, i due tirano fuori una vecchia vettura dell’attrice e scendono dal canyon in una Los Angeles riarsa. Durante la danza della pioggia, un libero raduno di sballati e punk che urlano e saltano nei canali di Venice Beach,
Luz si imbatte in una misteriosa bambina dai capelli biondi e ne rimane ammaliata. La piccola è sola, i suoi unici parenti paiono essere degli sbandati che la maltrattano e la trascurano; il suo è un destino segnato. Luz e Ray prendono allora un’improvvisa decisione: rapiscono la bambina, la portano con loro e la crescono come figlia propria.
Il piano di Ray è di trasferirsi in Wisconsin, oltre il deserto, e cominciare una nuova vita in una terra fertile e verde. È l’inizio di un lungo viaggio su strade arroventate e poco sicure. Un viaggio che li porterà a incontrare un’ine quietante comunità di hippies stabilitasi ai piedi dell’Amargosa, un’enorme duna alimentata dal vento, e il loro leader, Levi, un enigmatico personaggio dotato di capacità rabdomantiche.
Romanzo visionario che racconta di un’epoca oscura, nella cui desolazione è possibile osservare il volto dell’America contemporanea, con una prosa impeccabile, che unisce Steinbeck e Cormack McCarthy, Deserto americano evoca un mondo dominato da disuguaglianze sociali e rapporti di potere, in cui, tra le rovine del sogno americano, germogliano violenza, misticismo e superstizione.