Non so voi ma io tendo a rotolarmi come un porcellino nella mota se per qualche incantesimo un’ arte mi crea la possibilità di tornare bimba. Siano essi film, libri, immagini, libero la creatura che è in me, esco uno sguardo vergine sul busillis, ed entro in modalità gioco e scoperta e ingenuità e curiosità.
Così sono piombata dentro questo Roderick Duddle, subito, co tutte le scarpe fradice (perchè vabbè, vuoi non zompare dentro le pozzanghere, sò bimba abbiamo appena detto).
Consigliatomi via radio dal mio amico Fabio Geda (oh, siamo al secondo suggerimento azzeccato, grande Fabio), Roderick Duddle è il piacere del romanzo di avventura, quel paradisiaco piacere che provammo alla prima lettura dell’isola del tesoro, bè non proprio quello ecco, ma insomma vicenda divertente, appassionante, intricata e ricolma di citazioni dei suddetti libri di avventura. Perchè c’è il richiamo di Stevenson ma anche quello di Dickens, quello di London e della Monaca, quella nostrana, la sventurata rispose già già, e persino quello del mostro più grande del mare, il più spaventoso, il più orrido, si si propro lei, Moby e il nostro amato Melville.
E allora se ci piace giocare cacciamo tutti gli archetipi dei personaggi avventurosi e quindi fuori il gaglioffo, il pescatore, il tenutario di postribolo, le donnine facili, gli assassini, i truffatori, gli osti, i marinai, ah che meraviglia i marinai…e insomma chi più ne ha più ne metta.
L’ingarbugliata vicenda prende il via con la più scontata delle agnizioni: nobile ricchissima molto anziana, senza eredi, si pente di un suo peccato di gioventù e decide di donare il suo ingente patrimonio alla figlia naturale, data via appena nata.
La poraccia però nel frattempo è deceduta, non senza aver a sua volta dato alla luce un bambino, il quale fanciullo diventa il destinatario dell’immensa fortuna. Senonchè il bimbo, Roderick il suo nome, è nato e vissuto in una locanda, l’Oca Rossa (oh ma l’Oca Rossa, oh ma se semio capiti??), il cui proprietario, nonchè tenutario è un oste/pappone di una certa levatura e appena saputo dell’ingente patrimonio, oibò, cerca di appropriarsene, com’è naturale da che mondo è mondo. Bè vabbè, nun ve lo posso stare a raccontà, complicato e purtuttavia facile com’è, perchè ci sono personaggi a tutta callara e inghippi e imprevisti a iosa, sennò de che avventura stamo a parlà?
Non manca niente, c’è un Narratore, ci sono i Buoni (non troppi ma ci sono), i Cattivi e i Cattivissimi, ci sono i viaggi, anche per mare (ma le fusa che ho fatto nell’imbarcarmi sulla Rebecca, nell’iniziare la traversata, nel leggere tutti quei termini marinareschi (che non conosco nè conoscerò mai ma il cui solo suono mi incanta e mi delizia), ci sono i Bimbi e i gabbiani, la Badessa e c’è la MAPPA, non so se ho reso l’idea. C’è persino un Malfrodito, ma mi taccio sennò rovino lo spasso.
Michele Mari si sarà divertito debbrutto, evidentemente, nello scrivere, ma quanto me sò scialata puro io a leggerlo ahò??? Il puro piacere della lettura, ho undici/dodici anni e se mi chiamano non rispondo, sto a leggeeeeee, lassateme stà, non mangio non dormo non rispondo NON CI SONO, ho da nascondermi, ho da camminare, ho da trovare le ghinee, ho da scozzare la randa, vabbè, daje, se semio capiti.
Se vi piace il genere, se vi piace giocare, se siete stati bambini e ve ne ricordate, affediddio, leggete sto libro.
“Mio paziente lettore, che mi hai seguito passo passo fin qui: immagino che sarai stanco, e desideroso di sapere come questa storia va a finire. Cercherò di accontentarti, anche se nessuna storia propriamente finisce mai.”
Lazzìa

