Elena Ferrante, Cronache del mal d’amore

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L’amore molesto di Elena Ferrante.

Ci sono libri che non mi piacciono, ma di cui riconosco l’importanza.
Non è questo il caso.

Vi scrivo che mi sono fatta forza, ma ci rinuncio a 30 pagine dalla fine. Non mi interessa, non mi piace, mi fa star male e a disagio.

Non sapevo dell’esistenza di Elena Ferrante fino a pochi mesi fa, quando è uscito il suo ultimo libro di cui tutti parlano. Poi è arrivato Saviano a candidarla allo Strega e dunque mi sono ricordata di questo regalo di Natale di un caro amico dai gusti simili ai miei, che però non aveva letto niente di lei (fa spesso così, il mio amico: così poi gli presto i libri che lui stesso mi regala).
Molto curiosa, ho capito subito che qualcosa non andava: leggevo per tutto il tempo con una smorfia di disgusto sulla faccia.
La storia è ambientata a Napoli. C’è una donna che torna in città per il funerale della madre, che è morta annegata. Pare che avesse una specie di relazione con un uomo orribile, e che l’ex marito, dopo tanti anni, ne fosse ancora geloso. Fino al punto di ucciderla? Non lo so e non lo voglio sapere.

Se vi cimenterete nella lettura, sappiate che avrete a che fare con tutto ciò che è sgradevole: corpi, città, sentimenti, violenza, grettezza, miseria.

Locuzione preferita dall’autrice: “oscenità in dialetto” (di cui però non ci mostra un solo esempio).
Uomini: tutti (TUTTI) maniaci sessuali.
Donne: pazze, streghe, frigide.
Dialoghi: assurdi.
Trama: boh.
Disagio: totale.

Accendo la TV.

Daniela Quartu

L’amore molesto, Elena Ferrante

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Cassius, go sbajà libro! (de novo)
Volevo iniziare la quadrilogia (si dirà così?! la quadriglia? il quartetto?) della Ferrante, chiunque essa sia, ma ho cannato titulo e son partita con L’Amore Molesto, che non c’entra na cippalippa.

Qualcuno l’ha letto?
Io non ne sono stata particolarmente colpita. Un po’ farraginoso, un po’ confuso, mi tratteggia meglio il personaggio della madre morta (nessuno spoiler, è la premessa nonché la prima riga del romanzo) che la protagonista stessa.

È che, nella ricerca a tratti immotivata a tratti vitale (un po’ gliene frega nulla, un po’ ne è febbrilmente ossessionata) delle ragioni del suicidio della genitrice, la protagonista mi è sempre sembrata restare su un livello superficiale, come si lasciasse vivere e sbatacchiare tra gli eventi del romanzo senza volontà propria.
Funzionale e voluto? Tutto per dare maggior risalto alla vera protagonista, che è la madre?

Sarà che la critica lo presenta come un thriller dal finale scioccante (scioccante? M’è parso telefonato e costruito in modo frettoloso e quasi infastidito), che ti incolla alle sue pagine (ettecredo, sono poco più di 100, dove vuoi andare nel frattempo?) e ti mozza il fiato.
Ecco, io la devo piantare con le aspettative.

Sara de Paoli