Sorella mio unico amore – Joyce Carol Oates #JoyceCarolOates

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Sospetto che quando Joyce Carol Oates si siede alla macchina da scrivere lo faccia con il fermo intento di fare male. Molto male. Per alcuni versi la scrittura della Oates mi ricorda Stephen King: quando solleva il sipario scintillante di colori e brillante di stelle e dà una sbirciatina dietro, svelando lo squallore che si cela e sbattendolo in faccia al lettore.
Questo libro prende spunto da una fatto di cronaca americana di alcuni anni fa. Una bimba di 6 anni venne uccisa nella sua casa, in piena notte. Furono sospettati i genitori, poi il fratellino maggiore, poi alcuni estranei. Poi nessuno e il caso rimase irrisolto. Fece molto scalpore perché JonBenet Ramsey era una famosa “reginetta di bellezza”. Una di quelle bimbe che mamme assatanate travestono da bambole (o da sgualdrine?) e poi mandano a sfilare ai concorsi di bellezza. Si, se vi viene il dubbio che io detesti fin nel profondo questo genere di sfruttamento posso senz’altro dirvi che avete ragione.
Tornando al libro: la Oates prende spunto dal quel fatto e ci racconta, inventandola fino ad un certo punto, gli unici 6 anni di vita di una piccola campionessa di pattinaggio su ghiaccio, fino al suo brutale assassinio. La voce narrante è quella del fratello maggiore, un immaginario resoconto scritto da un ragazzo ormai quasi ventenne.
Senza dilungarmi più del necessario, posso dire tre cose. La prima parte del libro è qualcosa di quasi perfetto (le ambizioni di una madre frustrata e senza dubbio un po’ folle, il coraggio e le paure di una bimba di sei anni, la fame di affetto di un ragazzino messo in ombra dalla sfavillante sorella). La Oates descrive cosa c’è dietro le quinte di una benestante famiglia americana in modo ineccepibile e sconvolgente, dando un’idea davvero allarmante di cos’è la guerra dei concorsi di bellezza infantili.
Il libro è forse troppo lungo, la storia diventa un po’ dispersiva quando si concentra sugli anni dell’adolescenza del protagonista.
Da ultimo una certezza: la madre della piccola star è una delle figure di mamma più raccapricciante, terrificante e sconvolgente che mi sia capitato di incontrare in un libro.
8 1/2 alla signora Oates.

anna massimino

Joyce Carol Oates – Storie Americane @JoyceCarolOates

joyce

Mettiamola così: L’urlo di Munch entra in un quadro di Edward Hopper.
Dopodiché il quadro, che ha una cornice massiccia e pesante, vi cade sulla testa.
Libro magnifico e terribile dallo stile impeccabile. Astenersi dalla lettura in momenti di umore tetro.
Di tanto in tanto voci di Nobel per questa signora. Potendo, voterei a favore.

Anna LittleMax Massimino

Storie americane è una raccolta di racconti giovanili – il più vecchio è del 1962 – scelti, per la prima volta, personalmente dall’autrice. Ciò fa supporre che la Oates stia finalmente riordinando la sua vastissima opera – solo i racconti sono oltre quattrocento – dandone delle edizioni ragionate. Questi, come da lei affermato nella postfazione, fanno parte della sua prima produzione, anche se mancano le date delle loro pubblicazioni.

Wikipedia:

Joyce Carol Oates, scrittrice di romanzi, storie, sceneggiature, poesia e saggistica, conosciuta per essere uno tra i più prolifici scrittori americani. È infatti autrice di circa cento libri: oltre quaranta romanzi (undici dei quali pubblicati sotto pseudonimi), ventotto raccolte di racconti, una decina di opere teatrali, sedici volumi di saggi, dieci raccolte di poesie, nonché libri per bambini e alcune raccolte di articoli apparsi su quotidiani e riviste nel corso degli anni.

Nonostante la straordinaria varietà di forme espressive e di strutture narrative adoperate nei suoi numerosissimi lavori, è possibile individuare alcuni temi di fondo maggiormente ricorrenti nell’opera dell’autrice. Tra questi vi sono: la violenza che si manifesta con grande frequenza  – e a volte in forme spettacolari – nelle grandi città americane (Where Are You Going, Where Have You Been?, The Temple, Daddy Love, etc.), i legami oppressivi che tengono insieme la famiglia nucleare borghese e che si tenta di celare dietro le apparenze di una vita rispettabile (Marya, Figli randagi, Sorella mio unico amore, etc.), la condizione femminile in una società votata all’affermazione per mezzo del denaro o della sopraffazione (Foxfire, Bestie, La femmina della specie, Mudwoman, etc.) ma anche le derive dell’ego maschile quando accetta il gioco della competizione fino a pagarne le conseguenze sulla propria pelle (Per cosa ho vissuto, You Can’t Catch Me, etc.).

La versatilità dell’autrice le ha permesso di affrontare negli anni questi ed altri temi, confezionandoli in soluzioni anche molto diverse tra loro ma con una spiccata predilezione per alcune forme: il thriller psicologico, il racconto con tensione crescente, l’illuminazione di zone d’ombra del passato con strumenti da detective story, l’epopea sociale che ospita lo scontro fra la collettività e i singoli.