Jonathan Coe – Circolo chiuso

coe

Spesso i sequel non sono all’altezza del libro da cui hanno origine, nemmemo questo lo è secondo me.
Avendo letto “la banda dei brocchi” con piacere e Amazon me ne ha offerto il seguito per un niente, alfine l’ho letto.
I personaggi che mi erano piaciuti nel primo libro, qui sono caricature, le situazoni spesso ridicole. Es: personaggi che abitano quasi tutti a Birmingham e hanno passato assieme l’adolescenza per 20 anni non si incontramo mai, mentre spesso si incontrano a Londra neanche fossero Peppone e Don Camillo in piazza a Brescello.
Dai però Coe ha mestiere e riesce a far intrressare il lettore.

raffaella giatti

Circolo chiuso è un romanzo dello scrittore britannico Jonathan Coe, pubblicato nel 2004.

È il seguito de La banda dei brocchi e racconta le vicende dei personaggi già visti nel precedente libro.

Gli anni settanta sono finiti e Benjamin Trotter e i suoi vecchi compagni di scuola del King William sono ormai diventati adulti. Siamo negli anni novanta e la vecchia banda dei brocchi non esiste più: Benjamin Trotter continua a ricordare la sua vecchia fiamma del liceo e l’egoista fratello Paul è nel frattempo diventato un deputato laburista alle prese con problemi d’amore e attentati terroristici.

Molti punti oscuri de La banda dei brocchi sono finalmente sviluppati e chiariti, riuscendo quindi a rendere i due libri un unico grande affresco della cultura anglosassone della seconda metà del secolo.

 

Jonathan Coe, La banda dei brocchi

labandadeibrocchi

Avevo lasciato Jonathan Coe tanti anni fa dopo aver letto la famiglia Winshaw che non mi era piaciuto un gran che, l’ho ripreso con “la banda dei brocchi” e devo dire che mi è piaciuto moltissimo.
Ambientato a Birmingham alla fine degli anni ’70, periodo di lotte sindacali e profondi cambiamenti sociali, attentati dell’IRA e rivendicazioni dell’identità gallese, in sottofondo l’avvento della musica punk.
Non c’è un solo protagonista, ma un gruppo di ragazzi in gamba che frequentano un esclusivo liceo, pur non essendo di elevata estrazione sociale, perché, come si definisce il “King William”, è una meritocrazia, non un bastione del privilegio.
Le storie dei ragazzi, con le loro peculiarità, si intrecciamo con le vicende delle loro famiglie e c’è di tutto, amori, tradimenti, ideali, ingenuità, razzismo.
Il finale è magnifico, 35 pagine filate, quasi senza punteggiatura, le riflessioni di uno dei ragazzi, 35 pagine che mi hanno lasciato senza respiro.

Raffaella Giatti