Felici i felici -Yasmina Reza
Traduttore: M. Balmelli
Editore: Adelphi
È un libro ben scritto, mai banale, che impone calma, riflessione e momenti in cui torni indietro di qualche riga per assorbire meglio i passaggi che usa l’autrice per arrivare alle frasi epifaniche sparse qua e là nel romanzo. È un romanzo e non un mosaico a racconti, perché a differenza dei racconti nessuna storia è in sé così conclusa da ritenersi un unico, e ognuna si inanella nelle altre. I personaggi che parlano a turno in ogni capitolo si alternano nella narrazione, ma nessun ripete la stessa storia da diversi punti di vista. È un romanzo atipico, che non cerca di assomigliare ad altri romanzi di successo, ma punta a essere semplicemente se stesso. È un romanzo sull’amore, sul sesso e sul matrimonio. La frase di Borges a cui fa riferimento il titolo è un po’ uno sfottò dell’autrice, e in fondo è proprio la matriarca della famiglia Blot, Jeannette, parlando con la figlia Odille, a concludere: “Cosa vuoi dire mamma? Eri felice con papà, no? – Non ero infelice, no. Ma sai, di buoni mariti non ne trovi mica a ogni angolo di strada”.
Malgrado i toni della narrazione non credo sia un romanzo pessimistico. La sensazione prevalente che lascia, secondo me, è la voglia di ricominciare tutto: di rivivere un’altra vita, di fare altre scelte, non perché si ritenga di aver fatto un errore a condurre la propria vita come la si è vissuta, ma solo perché: “Viviamo nel miraggio della ripetizione, come il sole che si alza e va a dormire. Ci alziamo e andiamo a dormire, convinti di ripetere gli stessi gesti, ma non è così”.
I personaggi della Reza comunicano questo: vivono la loro vita come se fosse una ripetizione, a volte codarda, a volta soffocante, a volte solo banale, in cui ogni giorno sembra assomigliare a quello precedente, ma in cui vengono chiamati a fare scelte, che per la maggior parte tengono segrete, e che vanno a definire chi sono veramente dietro gli strati che mostrano agli amici, ai figli e ai consorti. Mi è piaciuta in partciolar modo la storia di Robert e Odille e quella del dottor Chemla.
Stefano Lillium