Revival, Stephen King

filippo

Allora sapendo che vi ero mancato eccomi qua.
In realtà il motivo principale per cui non avevo più parlato dei libri letti (sono a 8 in 4 mesi un record personale) è che avevo finito gli omini lego da accoppiare alla foto della copertina e ho quindi dovuto aspettare il nuovo acquisto della Ecto-1 (Se tutto va bene dovrei averne per altre tre recensioni).
Invece di partire dai libri arretrati son voluto partire dall’ultimo perché il Re non può mica mettersi in fila in sala d’aspetto.

Andiamo subito al nocciolo della questione: questo libro l’ho finito in due giorni e non ha fatto altro che riconfermarmi che se anche King scrivesse di ricette vegane mi terrebbe incollato alle pagine.

Non voglio tediarvi più del dovuto ma leggendo questo libro ho capito che la cosa che adoro di più del buon Stephen è che innanzitutto riesce sempre a creare dei personaggi convincenti. E quando dico convincenti intendo che man mano che leggi della loro vita ti sembra che diventino parte della tua, man mano che vai avanti con le pagine ti sembra di crescere insieme a loro e condividere le loro stesse paure, speranze, sogni, sconfitte e vittorie.
Quanto detto vale anche per i luoghi e le epoche storiche in cui sono ambientati i romanzi (ormai Castle Rock, Derry e il Maine li considero quasi come seconde case).
Anche in questo caso quando Jamie ritorna da adulto sui luoghi della sua infanzia mi sembra di provare un po’ lo stesso magone che può prenderti quando tu stesso ti ritrovi a percorre vecchie strade che ti appartenevano e vieni assalito dai ricordi e dalle sensazioni che ti legavano a quei posti.
Questa è una cosa che mi è sempre sembrata inspiegabile e non mi succede con nessun altro autore.

Visto che quanto detto per me rimane la cosa fondamentale, la storia in se nei libri di King riveste un piano secondario. Per me è solo una scusa per scoprire nuovi personaggi che per un periodo più o meno breve diventeranno parte della tua vita.
In questo caso la vicenda in sé non l’ho ritenuta né un capolavoro (come ultimamente è stato 22/11/’63) né una sòla (come ultimamente è stato Doctor Sleep) ma una buona storia con un finale che mi ha lasciato con il giudizio parecchio in sospeso; e credo che questa sia una buona cosa.

Citazione della vita: “Aveva appena un anno ma le sarebbe piaciuto che mi fossi trattenuto. E’ così che sai di essere a casa, mi dissi, anche se abiti all’altro capo del mondo e manchi da secoli.
Casa è quel posto dove vorrebbero sempre che ti fermassi un po’ di più”.

Filippo Nardelli

 

Arnaldur Indriðason, Sotto la città

SOTTO_~1Pagina di Arnaldur Indriðason su amazon

Orbene; come dice il vecchio adagio chi non muore si rivede.
Dopo una lungherrima astinenza da questo gruppo quindi vengo con la presente a recensire due libri che mi sono garbati parecchio in quest’ultimo periodo.
Spero che la recensione non sia troppo tediosa, se però dovesse capitare consolatevi con i lego star wars che trovate nelle foto.

I due libri in questione sono entrambi dello stesso autore ovvero il famosissimo Arnaldur Indriðason che come tutti sanno ha narrato le vicende dell’agente Erlendur Sveinsson.

Ora a me i libri gialli non è che piacciono gran che, non tanto per il genere in quanto tale, quanto piuttosto perché essendo un grande pigro nella vita di tutti i giorni lo sono anche quando leggo un libro e la principale conseguenza di ciò è che faccio sempre una fatica immane a ricordarmi i nomi dei personaggi (per leggere il Signore degli Anelli ho dovuto prendere appunti). Capirete quindi le difficoltà nel seguire una trama di un giallo/thriller dimenticandosi tutte le volte il nome del maggiordomo.

Dopo questa doverosa premessa quindi cosa c’è di meglio di mettersi a leggere una serie di gialli ambientati in Islanda dove i quartieri si chiamano Skulakaffi o Grafarholt (quando va bene) e i protagonsti sono Erlendur accompagnato dal fido Sigurdur Oli e dalla collega Elinborg? (ci ho messo quasi 300 pagine prima di capire che quest’ultima era una donna)

Galeotta fu la mia innata attrazione per i posti isolati/remoti/inospitali (rischio di stare ore su google street view a esplorare paesi sperduti ad immaginarmi come ci viva la gente) e l’aver visto una serie di documentari sull’Islanda.
Proprio nel periodo in cui mi era dunque partito il trip per l’Islanda amazon mi offre il primo romanzo della serie a 0,99 centesimi.
L’incauto acquisto è presto concluso.

Tutta questa pomposa premessa per dirvi cosa?
Per dirvi che se sono piaciuti a me credo che possano andare bene per chiunque. Ma se qualcuno ha ancora voglia di leggere i miei deliri andiamo a parlare un po’ dei libri in questione:
Questo Arnaldur Indriðason scrive molto bene, le storie (almeno le due che ho letto) filano via che è un piacere e sia le indagini che le vicende personali dell’investigatore riescono ad essere sempre appassionanti e mai scontate. L’ambientazione ovviamente conferisce a tutta la narrazione un “plus” notevole (se fossero ambientate a Voghera magari non l’avrei nemmeno iniziato a leggerli) e rende il tutto ancora più godibile.
Il leit motiv di questi due libri (e da quello che ho capito anche dei successivi) è la ricerca nel passato sia delle vittime che dei carnefici cosa che contribuisce a rendere tutte le storie un crescendo fino alle loro conclusioni.
Conclusioni che riescono ad essere coerenti e non banali.

Ah poi c’è da dire che non sono thriller frenetici ma riflessivi, non ci sono sparatorie o inseguimenti ma in sottofondo ci sono le vicende familiari di Erlendur che all’inizio pur sembrando il classico cliché dell’agente divorziato, cinico con i figli e l’ex moglie che lo odiano, pian piano rivelerà delle sorprese anche lui.
E questo essere pacati invece che frenetici senza mai essere noiosi è la cosa che mi è piaciuta di più.

Ho iniziato oggi il terzo libro della serie dal titolo “La Voce”. Vi terrò aggiornati.
Forse.

Estratti dalle “quarte” di copertina

– Sotto la città: “Un giorno di un piovoso e freddo autunno islandese un uomo di settant’anni viene ritrovato cadavere nel suo appartamento, ucciso con un violento colpo alla testa. Accanto al corpo, un misterioso biglietto scritto a mano, all’apparenza incomprensibile. All’agente Erlendur e ai due colleghi che lo affiancano sembra un caso quasi banale, «il tipico omicidio islandese». Ma non appena cominciano a scavare un po’ più a fondo, scoprono che l’uomo, tale Holberg, ha un passato torbido alle spalle”.

– La signora in verde: “Sulla collina di Grafarholt, alle porte di Reykjavík, viene rinvenuto un misterioso scheletro, una mano che spunta dal terreno in un’ultima, disperata richiesta d’aiuto. A chi appartiene quella mano? Erlendur e colleghi, con l’aiuto di una squadra di archeologi, si mettono al lavoro per estrarre i resti, ma le indagini procedono a rilento e sembrano non portare a nulla di concreto. Le fa da sfondo un’Islanda fredda e inospitale, affascinante quanto minacciosa, naturalmente incline a misteri e sparizioni, che esercita l’irresistibile richiamo dell’ignoto ma non lascia scampo”.

Se avete delle domande non esitate a contattarmi (cit.)

foto di Filippo Nardelli.
foto di Filippo Nardelli.