Archivio dei bambini perduti – Valeria Luiselli #ValeriaLuiselli

(Ed. La Nuova Frontiera, trad. Tommaso Pincio, pp. 448, 2019)

Non è riuscito a conquistarmi.

Romanzo complesso, complicato, difficile da leggere per molti tratti, seppur scritto molto bene.

Il tema dovrebbe essere un resoconto delle traversie dei bambini che hanno voluto raggiungere e superare il confine con gli Stati Uniti, invece, essenzialmente, è la storia di una famiglia , le sue dinamiche interne, un viaggio che deve rigenerare, riunire, e finisce invece con il disarticolare maggiormente, un amore che finisce, ammesso fosse cominciato. I due bambini sono delineati bene, i due adulti molto meno, soprattutto il marito, quasi evanescente. E tra la componente adulta e quella infantile si avverte un distacco emotivo e mentale che fa risultare il tutto molto spesso sgradevole.

Il loro viaggio procede in parallelo a quello dei bambini messicani, fino a mescolarsi in una narrazione prettamente onirica. Idea che poteva essere suggestiva, ma per me il romanzo ha perso cuore e anima, non mi è arrivato a livello empatico e sentimentale se non per brevi tratti. Troppo archivio, troppi scatoloni, troppe mappe, troppe storie sovrapposte e alla fine ho perso di vista le persone, qui dentro. Ibrido, troppo ibrida la costruzione tra realtà e teoria, tra romanzo e saggio, documenti scritti e racconto di memoria, troppo, per tenermi incollato e appassionato.

Can You Hear Me, Major Tom? No, non ci sono riuscito, troppi disturbi.

Musica: Space Oddity, David Bowie

Carlo Mars

Una macchina avanza sulle strade americane. All’interno una coppia e i due bambini nati da precedenti relazioni. Il padre e la madre sono documentaristi, si sono conosciuti durante una mappatura degli idiomi parlati a New York, la metropoli linguisticamente più eterogenea del pianeta. Si sono lasciati alle spalle la casa in cui sono diventati una famiglia. Davanti a loro una lunga lingua d’asfalto che li spinge verso un futuro incerto. Sono diretti in Arizona: il padre vuole visitare il luogo dove l’ultima banda di guerrieri apache si è arresa all’esercito americano. La madre vuole invece vedere con i propri occhi la realtà di quella che i notiziari chiamano “emergenza migratoria”: bambini che attraversano da soli il confine. In un alternarsi di paesaggi desertici, polverose città di frontiera e soste in motel, si delinea una nuova mappa dell’America d’oggi, un territorio profondamente segnato dalla storia, dalle migrazioni e dalle conquiste. Lo stesso paesaggio che, in cima a un treno merci, attraversano anche i bambini perduti con un numero di telefono cucito sui vestiti.

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Il corpo in cui sono nata – Guadalupe Nettel

(Ed. La Nuova Frontiera, pp.192, trad. Federica Niola, 2022)

Una donna si confronta con la sua infanzia segnata da un problema alla nascita: un neo bianco sulla cornea che l’ha costretta a portare per anni un grosso cerotto sull’occhio sinistro. La bambina, immersa in un universo fatto di suoni nitidi e di immagini sbiadite, sviluppa fin da piccolissima un profondo senso di estraneità nei confronti del mondo che la circonda. Sullo sfondo, il Messico degli anni Settanta, la scuola Montessori, i figli degli esuli politici e i suoi genitori in una relazione aperta. Ma poi, con gli anni Ottanta, tutto viene spazzato via: la famiglia si disgrega, il padre sparisce e la madre vola in Francia per proseguire gli studi lasciando la giovane protagonista, e il fratello, a casa di una nonna un po’ bigotta.

Come raccontare di se stessi, esclusivamente di se stessi, e riuscire ad affascinare, ad attrarre, a far sentire il lettore vicinissimo, partecipe, come se avesse avuto le stesse esperienze. Guadalupe nasce con un occhio che lavora poco rispetto all’altro, e condiziona la sua vita, il modo sia fisico che mentale di guardare e capire gli altri. Guadalupe racconta con lucidità, sintesi e chiarezza la sua infanzia e la sua adolescenza, e noi siamo con lei, quando parla delle sue sofferenze, delle sue piccole grandi lotte quotidiane, del suo sentirsi perennemente outsider in un mondo di inquadrati e allineati e in qualche modo predestinati, quando questa bambina inventa storie per combattere la solitudine e nello stesso tempo abitarla al meglio. La vita è questa qua, mai sicuri, mai sguardo limpido e preveggente, mai un finale previsto, mai approdo sicuro in anticipo. È paura, rabbia, resistenza, conflitto con i coetanei e ribellione verso il potere precostituito dei tuoi genitori, a torto o a ragione. Un percorso che ci racconta di amicizie, di amore e odio verso padri madri e nonni, di famiglie che perdono pezzi, del sesso, dell’ingresso in società e anche dell’inizio dell’amore verso la lettura e la scrittura. Ed è un percorso accanto al tuo corpo che invecchia e cambia con te, e alla fine ci fai pace o scegli una tregua affettuosa fino al termine di questo cammino, perché alla fine anche un difetto può diventare un modo per arrivare a vedere quel che gli altri non vedono.

Musica: Somebody, Depeche Mode

Carlo Mars