Quando l’ultimo pezzo della sua infanzia se ne va, Zerocalcare scopre cose sulla propria famiglia che non aveva mai neanche lontanamente sospettato. Diviso tra il rassicurante torpore dell’innocenza giovanile e l’incapacità di sfuggire al controllo sempre più opprimente della società, dovrà capire da dove viene veramente, prima di rendersi conto di dove sta andando. A metà tra fatti realmente accaduti e invenzione.”
Zerocalcare lo scoprii negli anni ’60, eravamo io, Fidel, Pago Pegna, Sotomayor e Teofilo Stevenson.
No, ho conosciuto Zerocalcare dai fumetti sul blog, ne ho seguito l’evoluzione nei libri e in questa graphic novel (perché così si chiamano oggi) ho trovato un autore incredibilmente maturo.
Un misto di autobiografia e fantasia, un viaggio lungo un secolo ma con i piedi ben fermi a Rebibbia.
Non è Dostoevskij, è addirittura a fumetti ma sticazzi: primo punteggio pieno dell’anno. *****
Diegoliano Zetti
