Il respiro della danza – Eva Stachniak #BEATeditore #EvaStachniak

respiro danza
Questo libro parla un linguaggio che conosco bene. La ricerca della perfezione, il dolore ai piedi che si avverte solo alla sera quando si tolgono le scarpette a punta, il profumo del parquet misto a quello della pece greca, che ti permette di non scivolare, l’odore polveroso del sipario, le quinte, la luce accecante sul palco, la trepidazione e la paura per poi dimenticarsi tutto e danzare, danzare, il respiro del pubblico. Il corpo incredibilmente malleabile. Le posizioni, i passi di danza, i relevee, l’attitude, lo Chassé, il Pas de bourrée , le piroette che paiono impossibili, poi prova e riprova e alla fine, riescono!
Il gusto e la consapevolezza che con l’allenamento, il corpo segue, e poi perché no? Anche il latino e il greco diventano possibili. La mente come il corpo si allena. Tutta la mia adolescenza sta qui.
Tutto si può fare con costanza e applicazione: questa è stata la mia scoperta.
Ma l’eccellenza é un’altra cosa.
E qui, in questo romanzo, si narra dell’eccellemza.
“Danzare è come respirare. Il ballo è dentro di me, intessuto nel mio corpo. Devo soltanto lasciarlo uscire”.
Il libro è la biografia romanzata della vita di Bronislava (Bronia) Nizinskij e della sua famiglia di ballerini polacco-russi tra cui il fratello Vaclav, famosissimo e talentuoso ballerino.
Il romanzo è avvincente, pieno di atmosfere straordinariamente ricostruite, di personaggi noti e notissimi, di avvenimenti storici di importanza capitale del Novecento europeo.
Il racconto, affidato alla voce narrante di Bronia, comincia in mezzo all’Oceano Atlantico nell’ottobre 1939: la guerra è stata dichiarata dalla Germania all’Inghilterra, dove Bronia, che ha stipulato un contratto, avrebbe dovuto mettere in piedi una coreografia; ma ora lei con figlia e marito tenta di raggiungere New-York e da lì l’Australia, per cominciare una nuova avventura artistica.
I ricordi di Bronia partono dal 1894 e ripercorrono con grandissima ricchezza di particolari la lunga parabola che porterà lei da piccola, con i suoi fratelli Vaclav e Stassik, la madre Mamusja, e il padre ballerino della troupe Lukovic, a esibirsi in tutte le città, da Odessa a Kiev, da Mosca a San Pietroburgo. I due ragazzi più grandi, Vaclav, ormai giovane e promettente ballerino classico, e Bronia, diventano allievi alla scuola del Balletto imperiale di San Pietroburgo. Raggiungeranno la notorietà a Parigi con i celebri Balletti Russi di Djagilev. Vaclav coinvolgerà la sorella a spingersi su coreografie assolutamente rivoluzionarie, accompagnati dalle musiche di Stravinskij. Nasceranno L’Uccello di fuoco, La sagra della primavera, si abbandoneranno le punte, si consacreranno star del calibro di Isadora Duncan.
Dopo questi successi straordinari, però, Bronia proseguirà il suo cammino da sola.

Il respiro della danza è un romanzo avvincente, e ci trasporta attraverso l’Europa degli zar e Rasputin fino alla Rivoluzione Bolscevica. I nostri protagonisti conosceranno il successo e il lusso ma anche la povertà, la libertà del creare e la censura. Viaggeranno da San Pietroburgo a Montecarlo, da Londra a Parigi. Infine, con l’avvento del nazismo, questa famiglia di ebrei polacchi apolidi dovrà fuggire ancora, verso l’America e l’Australia.
Libro incantevole, magari da regalare a qualche persona romantica. Io l’ho davvero adorato.

Barbara Facciotto

Il respiro della danza – Eva Stachniak

Traduttore: Ada Arduini
Editore: BEAT
Collana: Superbeat
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Confessioni audaci di un ballerino di liscio – Paola Cereda #paolacereda #recensione

Confessioni audaci di un ballerino di liscio – Paola Cereda
Pubblicato: Maggio 2017 da Baldini&Castoldi
Collana: Romanzi e racconti
Formato: Brossura Pagine: 208

Se risponde al vero la notizia di un ritorno di interesse dei giovani verso il ballo liscio nelle discoteche della Riviera romagnola (letta oggi sul giornale), allora Paola Cereda con il suo nuovo libro ha “preso“ il tempo giusto. Anche se il suo Sorriso Dancing Club con il suo proprietario e ballerino Frank Saponara sta dalla parte del Polesine, la parte derelitta e trascurata dal Veneto ricco che marcia a tutto prosecco, e cioè là, nell’immaginario paese di Bottecchio sul Po, dove pensano che in Romagna il mondo sia capovolto perché hanno imbastardito il liscio della tradizione tradendolo con ritmi e parole e passi men che rigorosi.
Paola Cereda è una scrittrice e regista animatrice a Torino di una compagnia teatrale (assaiAsai) che fa dell’inclusione e della multiculturalità la sua bandiera e dentro quel bellissimo gruppo, per chi lo conosce e ci partecipa, nascono continuamente storie idee e spettacoli. Ed è anche una viaggiatrice curiosa e instancabile, e da un viaggio lungo la riva polesana del Po nasce questo racconto colmo di leggerezza e tenerezza verso i suoi protagonisti: un mondo di persone semplici, legate indissolubilmente a una terra poco generosa e soprattutto a un’acqua, quella del fiume, che spesso negli anni ti mette paura, nel ricordo delle catastrofiche alluvioni che l’hanno segnata.
Il protagonista, Frank, eredita la balera dal padre e la celebra negli anni non solo da proprietario ma da ballerino e sciupafemmine instancabile. E quando il locale compie 50 anni, questo diventa l’occasione per vedere scorrere persone e balli infiniti che ne hanno scandito il tempo e la storia. Il libro diventa così un elogio affettuoso e divertente di un mondo che forse non ci si immagina sopravvissuto alla modernità frenetica dei social, della disco-dance e a tutto il resto del rumore che ci circonda. Eppure l’immediatezza dei personaggi e la loro capacità di relazioni semplici e dirette, evocate dalla Cereda con la sua scrittura scorrevole e veloce come i walzer e le mazurke che ci racconta, e che al momento giusto recupera anche i toni lirici e poetici che ne hanno contraddistinto i tre libri precedenti, ci fa pensare che invece è proprio bello che quel mondo possa possa sopravvivere fino a ricordarci i tempi lontani del grande torinese Mario Soldati e dei suoi viaggi lungo il Po alla ricerca dei cibi genuini e agli sceneggiati TV di Sandro Bolchi del Bacchelli del Mulino del Po. Bei tempi, belli da ricordare, per chi già c’era!

Renato Graziano