Claudio Fava, Michele Gambino – Prima che la notte

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Nutro un’immensa ammirazione verso quelle persone, donne e uomini, che sono riusciti nel loro percorso a lasciare orme profonde, a lottare, a cercare di cambiare qualcosa, individuando il “nemico” e tuttavia posando su esso uno sguardo di comprensione non rancorosa, pagando con la propria vita.

Ed è per questo che, dopo aver letto la bellissima recensione di Sonia Patania, ho deciso di ripercorrere la storia di Pippo Fava e dei suoi carusi. In questo libro Claudio e Michele parlano del “prima che la notte” e del dopo, del lavoro fatto insieme, degli insegnamenti ricevuti. Si raccontano, portandoci nel cuore dell’energia e della passione dei loro 22-23 anni. Questo lavoro di comprensione di sè stessi e del mondo ce lo raccontano, lo condividono con noi, commuovendoci.

Tuttavia il mio primo pensiero, durante la lettura, è stato: ma io, io cosa stavo facendo in quegli anni, mentre il direttore e i suoi carusi discutevano, indagavano, scrivevano e sfidavano la mafia? La risposta è che non me ne ricordo. O meglio, ho una nebulosa idea generale ma nel particolare direi che srotolavo la mia vita, senza infamia e senza lode, in punta di piedi, con il cuore ad inseguire ideali (we can be heroes forever and ever) e la testa che imponeva la sua legge, trovandosi chissà come chissà perchè a lasciare impronte lievi e inconsistenti, in deficit di coraggio e determinazione.

Così, tra le incerte coordinate della mia memoria Claudio e Michele mi aiutano a rintracciare Pippo Fava, le sue battaglie, la pesante eredità che li ha fatti uomini: “Quello che sento confusamente è che dovrò essere all’altezza…Per ogni successo, cedimento, eroismo, compromesso, avrò un imprescindibile metro di misura. La morte di un uomo.” Mi portano a pensare con tenerezza e tardivo rimpianto che chissà, forse potrei averli incontrati in quel tempo a Via Cola di Rienzo, da Pellacchia, dove anch’io mi sedevo a prendere il gelato. Ma soprattutto mi fanno riflettere sulla cifra della loro tensione etica e su quella che a me sembra la lezione più difficile del direttore: riuscire a conciliare comprensione e indignazione, serbando uno sguardo amabile e addolcito su tutti, anche sui propri nemici.

Dopo più di 30 anni quei ragazzi si ritrovano ora quasi sessantenni: “imbarazzati, anchilosati, vecchi dentro, stanchi fuori. Cambiati. Ma tutti, ancora, dalla stessa parte del campo di gioco, ciascuno a modo suo ma tutti con la schiena dritta.”

Tutti con la schiena dritta, qualcosa che ciascuno di noi amerebbe poter dire di sè stesso, credo.

“Sull’arco sconfinato della spiaggia c’era solo una barca sfondata e, lungo il bagnasciuga, il puntolino minuscolo di un uomo che camminava adagio rasente al mare. Pensai che non avrei mai saputo che viso avesse quell’essere umano e se era un vecchio o un bambino, e che pensieri avesse nella mente in quell’attimo, quale fosse cioè la sua fantastica sensazione di solitudine, in quell’ultima luce, in quel golfo senza una sola voce umana, senza nemmeno più il fruscio di un gabbiano”. Pippo Fava

Lazzìa

 

Prima che la notte / La danza immobile

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Prima che la notte – Claudio Fava/Michele Gambino

La danza immobile – Manuel Scorza

Un consiglio doppio e una recensioncella doppia. Perché libro chiama libro. Uno s’intitola “Prima che la notte” (Baldini e Castoldi, peraltro rinata dalle proprie ceneri, e ciò fa piacere), agile raccolta di memorie in forma romanzata scritta a quattro mani da Claudio Fava e Michele Gambino (e qui, lasciamelo dire, informo le/gli interessat* che non si atterrissero per la lunghezza del post che trattasi dell’unico libro di mia conoscenza scritto a quattro mani da due scrittori bel-lis-si-mi, e mi scuso per la digressione – ma non troppo). La notte del titolo è quella in cui a Catania fu ucciso da mani mafiose Giuseppe Fava, giornalista, scrittore, drammaturgo, pittore, nonché uomo di personalità e umanità complesse e affascinanti. E il libro racconta chi erano, prima di quella notte che cambiò le loro vite, i ragazzi della redazione de “I Siciliani”, giornale fondato e diretto appunto da Fava. Claudio e Michele erano due di quei ragazzi e, per chi non lo ricorda, Claudio era anche figlio del giornalista ucciso. … Ora tocca dire che ho incontrato in varie occasioni non solo Michele e Claudio, ma anche parecchi degli altri ex ragazzi de “I Siciliani”. I quali ancora, in un modo che colpisce e commuove, parlano di Fava chiamandolo con grandissimo e affettuoso rispetto “il Direttore”. E che, del “direttore” restituiscono un’immagine che coincide con quella che, da ragazzina, mi ero fatta seguendo in tv le inchieste di questo siciliano intelligentissimo, sensibile, “evoluto”. E certamente perciò, per sapere di più di ciò che accadde “prima della notte”, ho voluto leggere un libro scritto a più mani – cosa che usualmente non mi attrae. Non ne son pentita: l’alternanza dei capitoli di Michele e Claudio risulta armoniosa ed entrambe le loro asciutte scritture “toccano” senza mai scadere in una drammaticità che ottenere sarebbe stato davvero troppo facile. La figura di Giuseppe Fava è sullo sfondo, perché i protagonisti della vicenda sono i suoi giovani redattori… ma attraverso il racconto delle discussioni, delle lotte, degli ideali di questi ultimi, a emergere vivacemente è lui, il mentore provocatorio e scanzonato che tantissimo ha significato per le loro vite. … La parte del libro che mi è piaciuta di più è di Michele. Che, a un certo punto, cita “La danza immobile” (Feltrinelli) di Manuel Scorza. Ed eccovi quindi il secondo titolo della mia doppia “dritta” (spero). Michele racconta che Manuel racconta di due giovani guerriglieri. Entrambi s’innamorano follemente. Uno sceglie la Rivoluzione abbandonando l’amata, l’altro opta per l’Amore lasciando perdere la lotta. Entrambi vengono traditi, entrambi muoiono in modo atroce. E morendo, ognuno di loro pensa che l’altro aveva ragione: chi ha scelto la Lotta, pensa di aver sbagliato a non accogliere l’Amore; chi ha scelto l’Amore, si pente di aver disertato la Lotta. In “Prima che la notte”, Michele Gambino scrive che in una prima parte della sua vita, si è riconosciuto nel guerrigliero che non ha mollato la Lotta; e che in una seconda parte della sua vita, si è invece identificato nel personaggio che ha accolto l’Amore. Ma conclude così: “Il Direttore è l’uno e l’altro. Sceglie la lotta, ma anche una vita piena e appagante. Ed è questa completezza che lo fa essere un uomo diverso da ogni altro che ho conosciuto, capace di combattere il mondo che lo circonda e al tempo stesso di goderne”. … E insomma, terminata la lettura di “Prima che la notte”, potevo non spararmi “La danza immobile”? … Grande sorpresa immediatissima! Mi aspettavo il realismo magico di tanti sudamericani letti in passato. E invece no. Scorza inizia il romanzo con un capitolo intitolato “Danni che provoca l’uso smodato degli orsetti di peluche”: riporto, fra i tanti interessantissimi, questo unico particolare per segnalarvi che il racconto dei due guerriglieri e delle loro scelte di vita procede all’insegna dell’ironia – e in alcuni casi della smaccata comicità. La lunga scena di sesso tra Santiago e Marie Claire è una delle più belle descrizioni erotiche che abbia mai letto e mantiene una estrema carnalità nonostante non manchi di commuovere come una scena di tenerezza. … Leggendo la biografia di Scorza, ho appreso che è morto nel 1983 in un incidente aereo. E per quanto buffo possa sembrare, dopo aver letto “La danza immobile”, ‘sta cosa mi è molto dispiaciuta e ho sperato che, durante quel volo, Manuel fosse almeno un po’ ciucco.

Sonia Patania