Ciclo del Cimitero dei libri dimenticati – Carlos Ruiz Zafón #CarlosRuizZafón

La tetralogia del cimitero dei libri dimenticati di Carlos Ruiz Zafón, il mio giudizio é che vale assolutamente la pena leggerli, il primo é quello che mi é piaciuto di più, ma sono comunque tutti coinvolgenti e interessanti. Voto globale 9, voto per il primo 10.

Ambientati a Barcellona in un lasso temporale che copre le 5 decadi centrali del 900, segue le vicende di una famiglia di librai, ampliando il racconto anche a figli e nipoti, il fuoco dei racconti sono sempre scrittori più o meno maledetti e la storia spagnola e in particolare di Barcellona di quegli anni.

Aurora Diamanti

«Benvenuto nel Cimitero dei Libri Dimenticati, Daniel.»

Sui ballatoi e sulle piattaforme della biblioteca scorsi una dozzina di persone. Alcune si voltarono per salutarci: riconobbi alcuni colleghi di mio padre, librai antiquari come lui. Ai miei occhi di bambino, erano una confratrnita di alchimisti che cospirava all’insaputa del mondo. Mio padre si chinò su di me e, guardandomi negli occhi, mi parlò con il tono pacato riservato alle promesse e alle confidenze.
Questo luogo è un mistero, Daniel, un santuario. Ogni libro, ogni volume che vedi possiede un anima, l’anima di chi lo ha scritto e l’anima di chi coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie a esso. Ogni volta che un libro cambia proprietario, ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza.
Molti anni fa, quando mio padre mi portò qui per la prima volta, questo luogo era già vecchio, quasi come la città. Nessuno sa con certezza da quanto tempo esista o chi l’abbia creato.
Quando una biblioteca scompare, quando una libreria chiude i battenti, quando un libro si perde nell’oblio, noi, custodi di questo luogo, facciamo in modo che arrivi qui. E qui i libri che più nessuno ricorda, i libri perduti nel tempo, vivono per sempre, in attesa del giorno in cui potranno tornare nelle mani di un nuovo lettore, di un nuovo spirito.

La tetralogia più celebre composta da Zafòn è articolata da quattro romanzi, la cui pubblicazione non coincide con l’ordine cronologico seguito nella narrazione. Lo stesso autore, dopotutto, ha dichiarato che si tratta di una storia che non ha principio né fine, ma solo porte d’accesso. Porte che sono, appunto, i quattro romanzi: L’ombra del vento (2002), Il gioco dell’angelo (2008) e Il prigioniero del cielo (2011). Infine, chiude la raccolta Il labirinto degli spiriti, pubblicato nel 2016.

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Carlos Ruiz Zafón, Le luci di settembre

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Durante l’estate del 1937 Simone Sauvelle, rimasta all’improvviso vedova, abbandona Parigi assieme ai figli, Irene e Dorian, e si trasferisce in un piccolo paese sulla costa per sfuggire agli ingenti debiti accumulati dal marito. Trova lavoro come governante per il facoltoso fabbricante di giocattoli Lazarus Jann in una gigantesca magione chiamata Cravenmoore, dove l’uomo vive con la moglie malata. Tutto sembra andare per il meglio. Lazarus si dimostra un uomo gradevole, tratta con riguardo Simone e i figli, a cui mostra gli strani esseri meccanici che ha creato – e che sembrano avere vita propria – mentre Irene si innamora di Ismael, il cugino di Hannah, la cuoca della casa. Ma eventi macabri e strane apparizioni sconvolgono l’armonia di Cravenmoore: Hannah, viene trovata morta e una misteriosa ombra si impossessa della tenuta. Spetterà a Irene e Ismael lottare contro un nemico invisibile per salvare Simone e svelare l’oscuro segreto che avvolge la fabbrica dei giocattoli, un enigma che li unirà per sempre e li trascinerà nella più emozionante delle avventure in un mondo labirintico di luci e ombre.”

Sabato 31 gennaio, ore 00.15: “Leggo un capitolo e spengo”. Ho spento la luce a libro finito due ore e 140 pagine dopo.
Chi è Carlos Ruiz Zafón? E’ un amico fidato, fedele ai propri stilemi, forse un po’ ripetitivo, ma si può perdonarlo.
In “Le luci di settembre” si ritrovano i temi cari all’autore: l’amore, l’amicizia, gli angeli, gli automi, il doppio, il metafisico… tutto condito con abbondante salsa gotica.
Chi ha letto “Marina” potrebbe pensare a un “déjà lu”, ma il libro a mio avviso merita. ****

diegoliano Zetti