L’anno che a Roma fu due volte Natale – Roberto Venturini #SEMeditore #RobertoVenturini

(SEM editore/ 192 pagine)

Ho letto questo libro perché candidato nella dozzina dello Strega (li sto leggendo tutti), ma non sapevo bene cosa aspettarmi. Autore a me sconosciuto, titolo originale che, chissà perché, mi portava a credere ad un giallo/noir, ma poi, leggendo le prime pagine ho capito di sbagliarmi… con mia grande gioia.

Mi sono trovata di fronte due personaggi problematici: Alfreda, una donna obesa, accumulatrice compulsiva, con chiari segni di demenza senile e suo figlio Marco, un ragazzo dedito alle droghe e al sesso, ma completamente dipendente dall’amore materno. Bravissimo Venturini nella descrizione della donna, ormai completamente alla deriva in seguito ad una perdita importante, che si muove in una casa fatiscente, ingombra di scatoloni, oggetti, vestiti, utensili sporchi, spazzatura, tutta roba da buttare e da cui non riesce più a separarsi, e con cui crede di poter riempire un vuoto interiore lacerante. Una casa popolata da formiche che le camminano addosso, scarafaggi che si muovono indisturbati tra le pentole, muffa, insetti e tutto ciò che può attecchire su superfici ricoperte da residui di cibo e mai lavate…

Di contorno troviamo altri due personaggi, abbastanza reietti e disperati: un pescatore che si porta addosso un senso di colpa pesantissimo e un transessuale dal cuore spezzato, entrambi segnati da una perdita dolorosa. Il tutto incastonato in un paesaggio di periferia dall’odore salmastro e pungente (siamo a Torvaianica), in un villaggio (“Villaggio Tognazzi”) che in passato ha vantato un illustre inquilino del mondo del cinema, con un via vai di personaggi della cultura e dello spettacolo… e che ormai si avvia verso la decadenza. Mi pregustavo già l’esplorazione di una situazione di disagio e degrado dovuto alla “perdita”, attraverso un punto di vista ed una scrittura che mi sono parsi subito originali ed intelligenti… ma poi, nella seconda parte del romanzo, la narrazione ha preso una direzione completamente diversa, e molto lontana da quanto sperassi, sfociando in situazioni tragicomiche. Grottesche.

Il fulcro del racconto si sposta radicalmente dai problemi esistenziali di madre e figlio al ratto della salma di un personaggio dello spettacolo, con tutta una serie di scene, sicuramente molto cinematografiche (e che richiamano la commedia italiana degli anni ’70), ma che si allontanano completamente dallo scavo psicologico e sociale a cui già (erroneamente) ambivo.Mi sono sentita come un soufflè che si sgonfia appena apri lo sportello del forno… Peccato, perché la scrittura di Venturini mi è piaciuta parecchio, mi è piaciuto il suo tuffarsi nel ricordo di periodi luminosi, di pubblicità di quando io ero bambina, di richiami nostalgici di tempi passati…

Bello anche l’uso della lingua sapientemente intervallata da idiomi dialettali. Insomma il libro ha una sua spiccata personalità, va esattamente dove doveva e voleva andare… quella sbagliata sono stata io e le mie aspettative. Quindi bravo Venturini!

Antonella Russi

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Ottanta rose mezz’ora – Cristiano Cavina #CristianoCavina #MarcosYMarcos

Ottanta rose mezz’ora – Cristiano Cavina

Editore: Marcos y Marcos
Collana: Gli alianti
Si incontrano per caso. Due vite sospese per aria. Lui scrive, e tra libri e seminari ricava più o meno di che vivere; Sammi è una ballerina che insegna danza alle bambine. Si mandano messaggi, si cercano. Il desiderio sale dritto dalla pancia, li trascina nei vicoli bui, contro saracinesche arrugginite. Li fa vibrare come una corda sola. Lui con le sue zone oscure, la sua attrazione per i territori estremi. Sammi con il suo broncio, il passo che piega la superficie del mondo. Sammi che attira disastri, e si trova sommersa dai debiti. C’è una strada che sembra molto facile. Basta un annuncio. Aprire la porta a sconosciuti. Può assentarsi dal corpo e vendersi così, senza emozioni?

Lui (Cristiano Cavina) lo definisce un libro che ha scritto non con il cuore, ma proprio con il sangue. E di quel sangue si sente tutto lo scorrere e il raggrumarsi, l’assurda lealtà e la contaminante crudezza. Le pagine le sfogli con i sensi, non c’è altro modo. Bastano poche righe e sei carne che, nuda (nuda fino all’osso), ama. A volte tremi e non sempre di commozione. C’è parecchio schifo, occorre dirlo. Ma ci sono anche una forza, un coraggio, un giocarsi la guerra a morsi, un amare smisuratamente che, miodDio, lasciano senza fiato. Ci sono una donna guerriera (Chantal, o meglio: Sammi) di una bellezza lancinante e un uomo disfatto (Diego) dall’anima candida, laddove il candore non fa rima con pudicizia, ma con caduta dei muri, quelli di gomma contro cui sbattono i però, quelli delle buone maniere, delle cose lecite, del giusto come ce lo insegnano le novelle. C’è tanta di quell’estasi che a un certo punto devi aprire le finestre e dare aria alla stanza. I loro corpi sono poesia e, come sappiamo bene, la poesia non è tutta endecasillabi e assonanze: la poesia è rumore di fondo, schiaffi, chimica, il dire le cose come diavolo sono proprio quando osare sembrerebbe la cosa meno opportuna da fare. I corpi degli altri sono oggetti ed è forse questo che mette soggezione: come si possa entrare tanto profondamente in qualcuno da divenire l’unica pelle che dell’altro non guasta la pelle. Controverso, primitivo, urticante; scritto divinamente; in qualche modo romantico, di un romanticismo fuori da ogni clichè, atavico, destabilizzante. Uno sberlone in pieno volto, come è venuto da dire alla mia amica lettrice Barbara.

Conoscere una persona è come salire su una montagna. Quando si arriva sul crinale ci si mette insieme. Ma non si può stare fermi lì. La vita va avanti. Si deve decidere da che parte scendere. E io in quella più comoda non ci stavo bene.

Rob Pulce Molteni

Descrizione
Storia d’amore in bilico tra purezza e corruzione, perversione e sesso, fallimento e redenzione. Un omaggio al coraggio di una ragazza, alla sua lotta per mantenere l’integrità a ogni costo. Un romanzo dolcissimo e spietato. Un Cavina che non ti aspetti, una storia diversa.

«Cavina, con uno stile denso, a tratti crudo ma sempre accattivante, ben descrive le emozioni dei suoi protagonisti. Li rende tridimensionali, senza mai scadere nel sentimentalismo. Sono prodotti del nostro tempo… ironici e poetici nella bizzaria del loro amore»La Lettura

“Credo che sia la meraviglia, a tenerci attaccati a certi esseri umani, più di qualsiasi altro sentimento. Più della protezione, più della dolcezza, infinitamente più della bellezza. Piccoli sospiri di meraviglia, casuali e improvvise escursioni fuori dalle rotte prestabilite”