Donna di Porto Pim e Notturno indiano – Antonio Tabucchi #Sellerio #AntonioTabucchi

Due gioielli letterari e una stessa malìa che ha stregato negli anni moltissimi lettori, confermando un incanto senza tempo.

«A un ragazzo un po’ di tabucchismo non può che far bene, confondere il sonno e la veglia, prendere la vita come una cosa molto seria e però anche come una cosa – qualsiasi cosa succeda – molto allegra.» – Andrea Bajani

• • anno 1983 e 1984 Due racconti magistralmente narrati che possono essere accomunati solo per il tema del viaggio. La prima storia si svolge in modo statico su di una isola delle Azzorre e solo successivamente viene raccontata ad un viaggiatore che era in giro per le Azzorre interessato alla caccia alle balene ed in generale alle vicende di mare. È infatti il mare (e le balene) vissuto con grande amore ed empatia il vero protagonista di questo racconto. Il secondo invece è un viaggio itinerante in India. Il pretesto del protagonista è la ricerca un amico ma egli è in realtà alla ricerca di se stesso. Per chi ha vissuto l’India come me, con tutte le sue contraddizioni, non può non amare “notturno indiano”, i luoghi, le persone, gli odori e soprattutto le contraddizioni di questo paese dove la realtà spesso si confonde con la fantasia al punto che tutto quello che appare forse non è reale e viceversa.

Barbara Gatti

Riuniti in questo volume e accomunati dal tema del viaggio, Donna di Porto Pim e Notturno indiano sono ormai due libri di culto, citati con ammirazione da scrittori quali Enrique Vila-Matas, Jhumpa Lahiri e Salman Rushdie. E se Tabucchi viaggiò davvero per le isole Azzorre e attraverso l’India, anche i suoi personaggi sono esseri inquieti, mossi dalla ricerca di qualcosa che si trova oltre il visibile. In Donna di Porto Pim si narrano incredibili storie di mare e di naufragio: «è come una barca a remi che naviga con destrezza tra gli scogli sommersi: la malinconia, la saudade, il melodramma, il revival» (António Mega Ferreira). Il protagonista di Notturno indiano, invece, si mette in cammino per andare alla ricerca di un misterioso amico portoghese di cui si sono perse le tracce in India. Vagabondando tra alberghi, ospedali e stazioni «perdersi sembra inevitabile», scrive Tim Parks nella nuova Introduzione al romanzo. «Eppure la narrazione prosegue con grande chiarezza e rapidità. Frasi spigliate, mosse decise, capitoli brevi, ognuno che evoca (meravigliosamente) un nuovo posto.

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Notturno indiano – Antonio Tabucchi #AntonioTabucchi #India

La realtà passata è sempre meno peggio di quello che fu effettivamente: la memoria è una formidabile falsaria. Si fanno delle contaminazioni, anche non volendo.
Collana: La memoria

Buonasera a tutti. Questa piccola review non contiene spoiler.
In questi giorni di pausa semi rilassata dopo un Esame molto impegnativo, che ha richiesto tutta quanta la mia energia, fisica e mentale, mi sono intrattenuta con questo notturno gioiello di Tabucchi, insignito nel 1987 del premio Médicis Étranger per gli autori debuttanti o giudicati di notorietà non ancora pari al loro talento.
Senza nulla dire dei contenuti accenno che la storia narra di un viaggio in India, con poche tappe, alla ricerca di un amico perduto.
Il libro si apre con una nota dell’autore che immerge subito il lettore in un’atmosfera magica e surreale, definendo il racconto come un “Notturno in cui si cerca un’Ombra”. E sono proprio le ombre, le vere protagoniste.
La vita del viaggiatore narrante pulsa di notte, e i vari personaggi incontrati hanno contorni indefiniti, come se sfumassero nell’acquarello di un sogno.

Le conversazioni seguono lo stesso principio, a volte non è nemmeno chiaro di chi, o di cosa si stia parlando, e si avverte nitidimanete che è voluto e che anche questo, come tutto il resto, ha una sua allusività, che oscilla tra la mistica e l’ambiguità. Le cose non sono dette, sono accennate. Gli sguardi indicano, i suggerimenti sono da cogliere in questo sottile giallo in cui l’incastro è tra indizi che non si palesano mai completamente. Il racconto è diviso in tre parti, ciascuna definita da un luogo non chiaramente presentato, ma che si intuisce nel procedere della narrazione, e che prende forma come da uno sfondo che con le sue luci fioche, e le sue pennellate descrittive mai precise, è sempre un po’ come un acquario onirico. Incredibile come Tabucchi sia riuscito a trasmettere gli odori , la spiritualità, la miseria, l’allusività, l’ambiguità e il passo felpato dell’India usando proprio questa indefinitezza, e ogni singolo capitolo ci presenta un luogo, e una persona, che invece di svanire nella piattezza traggono un’incredibile forza vivida da queste volute di fumo, un po’ come la luce risulta ancora più chiara quando è immersa nell’oscurità. Un racconto al lume di candela, che vi consiglio di leggere se siete alla ricerca di un viaggio prima di tutto mentale.

Giulia Casini

Si fermò a guardarmi, e mi parve che nei suoi occhi passasse un lampo di nostalgia. “Ho studiato a Londra”, disse, “e poi mi sono specializzato a Zurigo”. Tirò fuori il suo astuccio di paglia e prese una sigaretta. “Una specializzazione assurda, per l’India. Sono Cardiologo, ma qui nessuno è malato di cuore, soltanto voi in Europa morite di infarto”.
“Di cosa morite voi qui?” – chiesi io.

“Di tutto ciò che non riguarda il cuore. Sifilide, tubercolosi, lebbra, tifo, setticemia, colera, meningite, pellagra, difterite ed altre cose. Ma a me piaceva studiare il cuore, mi piaceva capire quel muscolo che comanda alla nostra vita, così”.

Fece un gesto con la mano aprendo e chiudendo il pugno. “Forse credevo che vi avrei scoperto qualcosa dentro.”