Oh, ma come è bravo a giocare con le parole, e a specchiarsi nel riflesso del suo stile.
ma io cerco un messaggio, e non è vero che ci sia, ma nascosto.
non c’è, semplicemente.

la sposa è una borghese bigotta, che condanna gli altri per la perdita dell’innocenza, che aspetta il principe industriale azzurro come nella migliore tradizione ottocentesca tracimata nelle soap operas.
è una figura che non riesce a farmi entrare in empatia con lei. o forse è baricco che la tiene a distanza.
e quel sesso, vero che è difficile da scrivere, ma così è algido, asettico, quasi anatomico, senza il minimo segno di partecipazione, di compassione, nemmeno con lo zio, nemmeno con se stessa.
è forse più erotica la descrizione della morte del padre, povero cristo alla ricerca della luce, anche se non credo che baricco volesse cercare quell’effetto lì.
però, ah, come è bravo a giocare con le parole. quale aura magica e snob, alla d’annunzio, che titillava i gusti delle signore lettrici con un eros satin, con ambienti ricchi e raffinati, con personalità superomistiche, nel senso di una vuota bizzarria.
baricco è uno stregone che avvince con le spire delle sue frasi perfette, ma poi, puf!, l’incantesimo svanisce. e il lettore si chiede, bene, ma cosa ha voluto DAVVERO dire?
credo non abbia voluto dire nulla di diverso se non oh come sono bravo…
Di Baricco ho pervicacemente letto tutto. di ogni suo libro mi porto via qualcosa. questa volta, è la lussureggiante aggettivazione, un piacere per l’occhio, anche se non scende al cuore.
Lalab Bianchi