Colpa delle stelle, John Green

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Passare la notte insonne per finire un libro pensando che non avrebbe mai dovuto essere scritto. Ecco questo è il sottotitolo alla voce “un libro che ti ha fatto piangere” della sfida. Ho scelto, per piangere un po’, quello che il mio amico psicologo ha definito un quadro splendido dei sentimenti adolescenziali: colpa delle stelle. La prima parte è un cinico racconto di vita di adolescenti col cancro. Troppo affaticati per essere incazzati, infastiditi dai “premi del cancro” che ricevono per compassione, divorati dai sensi di colpa per essere causa di sofferenza per i genitori sconvolti. Parte poi la storia d’amore e all’inizio è descritta proprio bene con gli impacci di due ragazzini alle prese con il desiderio di essere grandi e un po’ di ironia per i limiti fisici portati dalla malattia. È l’ultima parte che non doveva essere scritta o che almeno io avrei voluto non leggere. Quella che fa piangere e porta tra l’altro il libro al livello di compassione che aumenta le vendite. Non lo so giudicare questo libro. Non so dire se sia ben fatto o mal fatto, non so, e di questo ringrazio chiunque io possa ringraziare, come sia avere 17 anni e il cancro. Mi si è insinuato dentro e in una morbosa spirale di sofferenza ho voluto finire di leggerlo sapendo benissimo con quanto dolore sarebbe finito.
Adesso ho bisogno di un libro che mi faccia riprendere e di scendere a mangiare qualcosa per colmare quel senso di vuoto che mi hanno lasciato gli occhi di augustus.

“Ognuno voleva sconfiggere non solo il cancro, ma anche gli altri presenti nella stanza. Mi rendo conto che è irrazionale, ma quando ti dicono che hai il 20 per cento di possibilità di vivere per altri 5 anni scatta una specie di gara e ti rendi conto che vuol dire uno su cinque. Quindi ti guardi intorno e pensi, come farebbe ogni persona sana: devo sopravvivere a quattro di questi bastardi.”

Agata Pagani

Iacopo Barison, Stalin + Bianca

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A volte, nascosta nella banalità, c’è una verità talmente grande da suonare falsa, e scontata, mentre è l’unica cosa che vorremmo sentirci dire. Andrà tutto bene: è questo il lato nascosto degli eventi, la parte che noi confondiamo con un disperato ottimismo”

A questa recensione devo fare una premessa. Sono una lettrice seriale: incontro un autore, leggo tutto di quell’autore, incontro un luogo, fagocito qualunque cosa che ne parli. Alla ricerca di un libro che parlasse della mia città (ormai lasciato alle spalle da qualche settimana) ho riflettuto sul fatto che la mia città più che essere descritta da autori, ha dato i natali ad almeno tre giovani autori infinitamente diversi tra loro. Ho deciso di leggere quindi questo STALIN + BIANCA di tale Iacopo Barison, nato proprio nella mia città.
Romanzo d’esordio scritto intorno ai vent’anni il libro sta diventando film ed effettivamente le carte in regola le ha tutte.
Stalin è un ragazzo un po’ disadattato, border line diremmo, non tossico tra i tossici, non troppo delinquente tra i delinquenti, affetto da un disturbo aggressivo. Bianca è una bellissima ragazza cieca che scrive poesie e che “vede” solo ciò che di bello c’è in Stalin.
Il romanzo è ambientato in nessun luogo e in nessun tempo e a parte Bianca e Stalin nemmeno i personaggi hanno nomi. C’è una non meglio definita capitale, ci sono “città” e “paesi”, “chitarristi”, “ballerine”, ecc…
In mezzo a questa realtà indefinita Bianca e Stalin affrontano un viaggio, un po’ per fuga, un po’ per necessità. Per quanto non sia un viaggio per trovare se stessi (come afferma lo stesso Stalin), nel viaggio entrambi i protagonisti capiscono qualcosa di loro stessi e mettono in prospettiva i loro rapporti interpersonali, e allo stesso tempo rimangono esattamente gli stessi del giorno della partenza.
Il loro è un amore platonico e puro, Bianca è la colla di Stalin. Invertendo i luoghi comuni che vorrebbero la donna cieca come maggiormente bisognosa, è lei il carattere forte, il supporto, è essa stessa il viaggio.

BUONA LETTURA!

agata pagani