Toni Morrison – Prima i bambini

«Non c’è voluta più di un’ora dopo che me l’hanno tirata fuori da in mezzo alle gambe per capire che qualcosa non andava. Non andava proprio. Era così nera da farmi paura».

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Toni Morrison racconta dolorose storie di riscatto, razzismo, perdita d’identità, analizzando con lucidità e profondità la storia e l’evoluzione  della società americana. E, anche se è una signora ormai anziana, ancora oggi riesce a farlo con una leggerezza e modernità che la rendono unica.

Il suo nuovo libro, appena uscito, si intitola Prima i bambini (Frassinelli), in inglese God help the child (Dio aiuti il bambino, la bambina) ed è ambientato ai giorni nostri.

Nella challenge 2015 ho letto anche l’ultima opera della Morrison. Che dire? È un nì per me, ma mi ha dato spunto per un sacco di riflessioni.
La storia si apre con una madre, che racconta della nascita della figlia. Una bambina nerissima, troppo nera, e della sua conseguente incapacità di amarla. Più avanti ritroviamo il viaggio di questa bambina ormai donna adulta attraverso i suoi fantasmi presenti e passati. Non dico altro per non fare SPOILER. Adoro il modo di scrivere della Morrison, la trama l’ho amata un pò meno. Avrei tanto preferito un libro più visto dalla prospettiva della madre, questa madre afroamericana così vera da sembrare quasi un diario.

Commentando così il libro su un altro gruppo di letteratura afroamericana, una lettrice mi ha chiesto cosa mi possa mai essere piaciuto di questa “non madre”. Rispondo che Di aver dato una lettura forse diversa.
tante volte mi trovo a lavorare e a venire in contatto con donne africane severissime ed aspre con i propri figli. Ho sempre visto le loro maniere forti provenire da una cultura in cui l’amore materno viene espresso “in altro modo”. Non so se avete familiarità con le procedure di massaggio africano ai neonati, un vigoroso appunto massaggio in cui il corpicino del bimbo viene “pressato” e strattonato due volte al giorno per almeno i primi tre mesi di vita del bimbo per garantirgli più avanti forza e prestanza fisica. Ai nostri occhi europei una sorta di barbarie, di fatto un vero e proprio atto d’amore che la madre nigeriana pratica, probabilmente con non poca sofferenza interiore, perché culturalmente sicura di apportare un beneficio al nascituro. Forse ho trovato un esempio un po’ zoppicante, ma ho visto questa madre della protagonista come una donna vittima di un retaggio culturale che penalizza l’amore espresso come lo intendiamo noi. Non dico che sia una figura positiva, attenzione, ma più che mai viva e vera. Può una donna nera penalizzare una figlia nera perché più nera di lei? Perché troppo nera? Succede persino oggi, succede persino in Italia, dove le creme sbiancanti vengono adoperate addirittura sui bambini. E la colpa è della madre che crede che il nero sia sbagliato, che possa essere “troppo” o di chi le ha inculcato questa idea in testa? La sofferenza di questa donna di fronte al colore tanto scuro della figlia non è forse un atto di amore e protezione materna?

Marzia Akosua Raimondo

Perché “«Quello che fai ai bambini conta. E non dimenticano più».

 Protagonista del nuovo romanzo di Toni Morrison – il primo ambientato in epoca contemporanea – è una giovane donna che si è scelta il nome di Bride, di bellezza straordinaria, anzitutto per la pelle di un nero lucente e assoluto, che l’ha resa unica e le ha dato successo. Famosa e richiestissima, Bride pare aver cancellato così l’insicurezza e la fragilità dell’infanzia, segnata da una madre fredda che non l’ha mai accettata proprio per quella pelle d’ebano tanto, troppo, più scura della sua. E le ha negato anche la più semplice delle forme d’amore. Ora, però, il passato torna per metterla alla prova, e per Bride arriva il momento di fare i conti davvero con la bambina che è stata, senza menzogne, né le proprie né quelle degli altri. Quelle di Booker, l’amante pieno di rabbia che è stato testimone della peggiore delle violenze. Quelle di Sweetness, la madre distante che l’ha respinta anche nel momento più difficile. Quelle della stessa Bride, disposta a tutto per una briciola d’affetto. I mali dell’infanzia non si dimenticano mai, è vero, ma si può scegliere di non restarne prigionieri e di essere liberi, per guardare al futuro con serenità.

Toni Morrison – Amatissima #tonimorrison

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Attenzione: si segnala libro ad altissimi livelli di Ottima Letteratura.

Il devastante mix convalescenza-insonnia- caldo di questi giorni mi porta a leggere come se fossi pagata a cottimo per farlo. Ed è nell’abbuffata del periodo che ho scoperto, con mia somma vergogna, di aver ignorato fino a ieri l’esistenza di questa scrittrice americana. Non riesco a farmi una ragione di quanto abissale sia la mia ignoranza.

Premio Nobel per la letteratura, premio Pulitzer (per Amatissima, appunto) e molte altre cose, la Morrison ha scritto e scrive della condizione degli afro americani in diversi momenti della storia. Definizione esatta ma assurdamente superficiale.

Veniamo a noi. Perché vi consiglio Amatissima?
Perché Amatissima racconta in uno stile che ancora non avevo mai incontrato la realtà degli schiavi negli Stati Uniti di fine ‘800. Perché racconta dell’amore più grande, quello di una madre per la figlia, perché cerca di farci comprendere quanto è grande l’Amore se quella madre uccide la figlia pur di non farle subire ciò che lei stessa ha passato (lo spunto del libro è tratto da una storia vera). Perché è un libro brutale e delicatissimo, che ferisce e brucia, che sconvolge e intenerisce, che fa ammutolire per l’orrore di qualcosa che era quotidianità, abitudine, norma e regola e che fa provare vergogna per il solo fatto di avere la pelle bianca, che porta in una dimensione insieme reale e magica, che ci porta a piccoli passi a comprendere il Perché la figura della schiava Sethe sia così straordinaria, che fa provare compassione e affetto per la vecchia Baby Suggs. Insomma, potrei fare una lista lunghissima di ragioni.
Da lettrice compulsiva tendo a dimostrare un certo buonismo verso i libri che leggo, me ne rendo conto. Però qui siamo davvero di fronte a qualcosa che va oltre, molto oltre, un buon libro. Qui siamo a livelli altissimi.

Se si decide di leggere Amatissima bisogna prepararsi a farsi male, a leggere con attenzione, a prendersi del tempo. Perché a volte si legge un passaggio e qualche riga oltre ci si ferma e si torna indietro per rendersi conto di aver letto bene, di aver davvero capito.

Come in questo passaggio:
-Che cosa ha detto?
-Niente.
-Niente?
-Non una parola.
-Gli hai parlato? Non gli hai detto niente? Gli avrai pur detto qualcosa!
-Non potevo, Sethe…è che….non potevo proprio.
-Perché?
-Avevo il morso in bocca.