Mi ha suscitato poco entusiasmo questo libro di Cameron, una prosa semplice senza nessun virtuosismo letterario, uno stile piatto, personaggi poco definiti, stereotipati e già incontrati mille volte.
Storia di un diciottenne ricco, alle prese coi classici problemi esistenziali, genitori separati, sorella un po’ schizzata, niente amici. Per togliersi il problema di torno e cercare di capire perché il ragazzo rifiuti la prestigiosa università che di lì a poco dovrebbe cominciare, i genitori lo mandano da una psicoterapeuta che pare che a sua volta abbia bisogno di psicoterapia. È specialmente nella descrizione delle sedute che la scrittura cade ai minimi livelli. In mezzo alla gente e in particolare ai coetanei il nostro protagonista non si sente a suo agio, ma non certo per il fatto di essere omosessuale, rivelazione che concede in esclusiva a chi legge solo dopo un centinaio di pagine di sbrodolamenti postadolescenziali: “Io sapevo di essere gay, anche se non avevo mai fatto niente di gay”.
I problemi adolescenziali con le insicurezze, la paura di affrontare il nuovo, il sentirsi estranei di fronte al mondo adulto, vengono placati dalla nonna del protagonista che da nonna classica lo accoglie con gioia, lo nutre, e gli dà amore.
Le parole della nonna:
“A volte le brutte esperienze aiutano, servono a chiarire cosa dobbiamo fare davvero. Penso che le persone che fanno solo belle esperienze non siano molto interessanti. Possono essere appagate , ma non sono molto profonde. Il difficile è non lasciarsi abbattere dai momenti brutti . Devi considerarli un dono, un dono crudele, ma pur sempre un dono. ”
Nel corso della lettura, molte volte mi è venuto in mente il giovane Holden , di cui questo libro ne ripercorre i temi anche in maniera spudorata senza mai lontanamente raggiungerne il carisma. Tipo il rapporto grande star vs cover band.
Raffaella G.
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