Colum McCann, This side of brightness (I figli del buio)

10423856_10152899220486926_8548755788001316462_n

Non mi ha “preso” subito; letti i primi due capitoli, son tornata sui miei passi e l’ho ricominciato da capo, ripartendo dalla copertina, ma forse era solo colpa mia, dei miei pensieri vaganti. Poi, un po’ alla volta, ci sono caduta dentro, letteralmente. E’ un romanzo geometrico, di corrispondenze anche un po’ schizofreniche, sul ventre di New York, ma anche sul suo skyline, sulle radici di quel melting pot e delle sue tensioni. Ci succede un po’ di tutto, talmente tanto che vien da chiedersi se non sia un po’ troppo, ma alla fine è un condensato di quel che è la vita di alcuni: shit happens. Si torna a riveder le stelle, ce l’ha detto Dante, e allora s’ha da credergli, ma chissà.
Certe descrizioni della Georgia – cosa c’entra la Georgia con New York? beh, se ve lo dico, devo dichiarar lo spoiler, e non voglio – valgono tutto il libro; certi pensieri fulminanti stordiscono nella loro perfezione semiotica e linguistica; il racconto dell’amplesso più inatteso e più innamorato che mi ricordi è forse il passaggio più riuscito. Ecco: m’è piaciuto assai.
(La traduzione italiana è edita dal Saggiatore e da Rizzoli-BUR con il titolo “I figli del buio”)

Maria Silvia Riccio

Jeffrey Eugenides – The virgin suicides

untitled

Non so mica se mi sia piaciuto. Lo consiglierei comunque, per quella descrizione melanconica che fa di Anytown, USA in un’epoca che non c’è più, per quella ricerca sociologica sotto traccia, per quella delirante nostalgia dell’adolescenza con cui è scritto, ma nonostante gli innegabili poetici pregi, non mi ha convinto del tutto. Forse è il punto di vista del narratore feticista, la prospettiva da cui osserva, a infastidirmi; forse è l’attribuzione di responsabilità sul finire, ma mi è rimasto addosso un non so qual disagio… Adesso lo lascio lì per un po’ e poi me lo rileggo.

Maria Silvia Riccio