Middlesex – Jeffrey Eugenides #Middlesex #JeffreyEugenides

“Sono nato due volte: bambina, la prima, un giorno di gennaio del 1960 in una Detroit straordinariamente priva di smog, e maschio adolescente, la seconda, nell’agosto del 1974, al pronto soccorso di Petoskey, nel Michigan.”

eugenides

Un libro che tenevo lì da un po’, nelle intenzioni di lettura da parecchio, ma che per motivi imprecisati non riuscivo mai a leggere.
L’argomento è particolare, anche difficile da trattare, direi.

Ermafroditismo. Questo, il tema. Almeno, il tema annunciato.

“Cantami, o Diva, del quinto cromosoma la mutazione recessiva! Cantami di come fiorì sui pendii del Monte Olimpo, due secoli e mezzo or sono, tra capre che belavano e olive che rotolavano. Cantami le nove generazioni per cui viaggiò sotto mentite spoglie, sopito nel sangue inquinato della famiglia Stephanides. E cantami la Provvidenza, che sotto forma di massacro lo risvegliò per trasportarlo, come fa con i semi.”

La storia di una mutazione. La storia di un gene, il cammino, il viaggio di un gene, dalla Grecia agli Stati Uniti, un viaggio lunghissimo, durato praticamente duecento anni.
Ulisse, l’Odissea, l’Iliade, riferimenti non a caso.
Un gene viaggiatore, da un corpo ad un altro, che somiglia più a una specie di maledizione, piuttosto che alla pallina della roulette che gira, gira, gira e poi cade, nella casella del fortunato di turno.

Quella pallina, stavolta, non significa esattamente fortuna.

Questo libro non tratta solo di Calliope/Cal, come mi attendevo.
Questo romanzo tratta di Grecia antica, di superstizione mischiata a religiosità, come sempre, di incesti, di Mar Mediterraneo e poi di Oceano Atlantico, l’approdo verso la “Terra della scienza”, dall’incendio di Smirne a quelli delle città americane durante le rivolte interrazziali, della Seconda Guerra Mondiale, del Vietnam, dell’industria in ascesa, di Dio, di Allah, un viaggio dai dubbi alle risposte, presunte, perché invece non ce ne saranno mai, di certe.
Una saga familiare e un romanzo storico, che tratta e butta in mezzo mille argomenti, tra loro apparentemente slegati, periodi storici e rivoluzioni sociali che sembrano un guazzabuglio di informazioni inutili. Le digressioni in effetti sono spesso eccessive, possono annoiare e rendere la lettura faticosa. Possono eh, non credo che tutti la pensino allo stesso modo.

Due fratelli, un amore che teoricamente “non s’ha da vivere”, e che invece vive. A dispetto di tutti.
Tanta vita, e tanta morte. Un modo di scrivere che ti fa innamorare dei personaggi.
Che ti fa vivere quel che vivono loro, sei povero e sei ricco come lo sono loro, sei innamorato e sei deluso come lo sono loro.

La difficoltà di una ragazza che è piatta sul seno come fosse stata piallata.
La difficoltà di inserirsi con le compagne, la paura e la difficoltà a intessere un rapporto di amicizia, lei non sa di preciso che cosa sia, ma sa che qualcosa la rende diversa dalle altre persone, e l’adolescenza peggiora le cose, perché la pioggia di ormoni è talmente fitta che lei va in confusione perenne.
Un pene e una vagina, nella biancheria intima qualcosa è di troppo e qualcosa è troppo poco.
E se anche non sei come lei/lui, lo stesso comprendi quello che prova. Comprendi cosa voglia dire essere “una terza via” in questo mondo.
Quel non riuscire a stare né da una parte né dall’altra.
Quel non essere parte di nulla, e nello stesso tempo di tutto.

Le parti dove Eugenides descrive Calliope sono le più belle del libro, a mio parere.
Cal, da quarantenne, ripercorre questa storia avvincente, molto fantasiosa, ma comunque credibile, reale, attraverso tre generazioni, cercando di incastrare i mille pezzi di questo puzzle e cercando di tenerci avvinghiati alle sue parole.

Non ne conosco il motivo, ma questo libro è stato particolare, e resterà nella mia memoria indelebilmente, non solo per la storia narrata, ma anche per la sensazione procurata. Più procedevo con la lettura, più il libro, invece che “restringersi”, mi dava la sensazione di “dilatarsi”, una specie di magia strana, come se mi prendesse in giro, come se non volesse assolutamente finire. Una cosa stranissima. Ci ho messo una vita.

Avrei preferito meno spazio alla Storia e più alla “storia”, più spazio a Calliope, ma il risultato finale resta bello. Accettare le differenze, abbracciarle. Perché i cuori sono identici. I sentimenti sono identici. E provare almeno a capire non ha mai fatto del male a nessuno, anzi resta l’unica cosa da fare. Tutto il resto ha ben poca importanza. La vita è conoscenza, l’amore è conoscenza. E quel che siamo oggi è frutto di amore altrui, di coincidenze, di destini altrui, di incroci altrui, alla fine tutto si mescola. E nessuno dovrebbe sentirsi superiore.

Musica: Secretly, Skunk Anansie
https://youtu.be/7M8UxZDk56o

Carlo Mars

Middlesex è un romanzo dello scrittore statunitense Jeffrey Eugenides. Pubblicato nel 2002, il romanzo ha vinto il Premio Pulitzer per la narrativa nel 2003.

Le vergini suicide – Jeffrey Eugenides

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La storia delle cinque sorelle Lisbon, adolescenti suicide nel giro di un anno.
La storia è raccontata dai ragazzi del quartiere, coetanei delle sorelle, che non smetteranno anche dopo i fatti di considerarle come una unica entità, inesplorata, misteriosa, affascinante come può esserlo tutto ciò che emette vibrazioni penetranti, ma distoniche.
Realizza in maniera perfetta l’atmosfera grigia, opprimente, forzatamente simbiotica, nella quale le sorelle vivono e che le porterà alla scelta estrema. L’unica via che le porterà a respirare aria nuova, ad essere libere… o se non altro a non soffrire più.
La descrive così bene che a pag. 11 ci prova Cecilia, la prima, ma ci riesce solo al secondo tentativo a pag. 31. E poi non accade più ‘nulla’ fino a pag. 197 quando muoiono nella stessa notte Bonnie, Lux, Mary e Therese. E intanto anche io pensavo qui se non muore qualcuno entro poco, beh allora muoio io, perché non se ne può piu. (Confesso di averlo comprato perché avevo adorato l’atmosfera di dolciastra malata prigionia del film… che qui assolutamente manca, sostituita da una specie di odore di chiuso)
Sul retro di copertina uno stralcio di recensione che descrive il libro come il Giovane Holden degli anni Novanta.
Insomma a mio parere questo libro fa troppi morti. Cinque incolpevoli sorelle adolescenti, parte della mia anima che si è avvizzita con loro per poi liberarsi, come loro, di un fardello troppo grande da portare, e anche il povero Mr. Salinger perché va bene tutto, ma vuoi mettere le anatre di Central Park.

federica g.

stefano l.: Posso dirvi solo che secondo me Eugenides è il vero discendente della tragedia greca, la fa davvero sua, la rende contemporanea. A partire dal “coro” dei ragazzini che racconta la storia, in una dimensione plurale e come senza tempo. Poi dal punto di vista di come costruisce l’universo femminile alla greca, come una stanza chiusa di cui si può solo fantasticare ma non capire. Poi nei dettagli con cui grida una domanda di senso che resta inevasa, portando a un finale in cui dice che alla fine il senso delle morti delle sorelle Lisbon resta un atto che tutti loro cercheranno sempre di capire ma che non riusciranno mai a colmare.
Secondo me merita, ma il vero capolavoro di Eugenides è Middelsex. Leggilo se ti va di dargli una seconda possibilità.

DESCRIZIONE

Le vergini suicide è un romanzo scritto da Jeffrey Eugenides, pubblicato nel 1993.

Il romanzo, attraverso un narratore collettivo che si fa portavoce di un gruppo di ragazzi, racconta a vent’anni di distanza la vicenda delle cinque giovani sorelle Lisbon, oggetto proibito della loro adolescenza. Le ragazze sono avvolte in un’aura di mistero che la tragica fine comune – tutte si tolgono la vita nel giro di un anno – ha fissato per sempre. Nella memoria di questi loro spasimanti, divengono il simbolo della possibilità perduta di avere un fremito in un mondo ordinario degli Stati Uniti d’America suburbani degli anni settanta. Dal romanzo è stato tratto un film da Sofia Coppola, dal titolo Il giardino delle vergini suicide.

Sorelle Lisbon. Un sogno, un’ utopia romantica, una divinità pentacefala, un’ idealizzazione estrema e dolce del mondo femminile. Questo secondo il pensare di chi negli anni si è crogiolato nella rievocazione di un’adolescenza fatta di passioni incontenibili, ma anche investita dal gelido soffio della morte.
Dipartita volontaria, decesso autoinferto, suicidio: stessa decisione per le ragazze, passate nel mondo dei più nel giro di un anno. Amore spassionato e senso di colpa per la comunità giovanile ossessionata dalla misteriosa (im)perfezione di quei corpi ricoperti da abiti sempre stuzzicanti nonostante non di foggia recentissima e piuttosto mortificanti delle forme, dei loro capelli profumati, di labbra agognate raggiunte solo da pochi eletti. Cala il sipario, non sul ricordo, alimentato dall’autore che trova picchi di incredibile pathos e restituisce al lettore un amore platonico eppure talmente veemente da sopravvivere alla morte e all’implacabile scorrere del tempo.