” Una volta era stata sommersa da un’onda inattesa, e gli aveva lanciato uno sguardo in cui a Tony era sembrato di leggere la paura. Non paura del mare. Paura di lui.”
Passaggi così per me fanno la differenza tra uno scrittore e un grande scrittore. Pennellate che cambiano il tono, il clima della narrazione, introducendo il lettore in una dimensione enigmatica, priva degli appigli della cosiddetta normalità.
Ti aspetti di tutto. E in questa storia Simenon è abilissimo a condurre la danza sul filo delle rivelazioni progressive, uno strato dopo l’altro. Tuttavia alla fine non nascondo di essere rimasto un po’ deluso: la vicenda sembra schiacciarsi sul frame iniziale (l’immagine languida, sordida, stupenda di Andrée nella camera azzurra) e non ne esce, rimanendo attraccata al senso di ossessione che tutto risolve e spiega, zavorrandone lo sviluppo. Inoltre, l’indolenza del personaggio principale – Tony – finisce col non sembrare troppo credibile.
Bello insomma, ma non quanto pensavo.
Stefano Solventi
Risvolto
«… forse uno dei migliori Simenon che si siano letti. Ed è quasi insopportabile per quanto è bello. Provincia francese, un amore extraconiugale per molti versi inspiegabile e famelico, pochi personaggi, rari esterni. Questi gli ingredienti. Ma nel volgere di poche pagine, lo scrittore ci fa precipitare dentro un universo di indescrivibile, ordinaria infelicità piccolo borghese … Di recente, in Inghilterra e Stati Uniti qualche sciocco si è scandalizzato che Simenon sia entrato a far parte della Pléiade. Lo inviterei a leggere subito La camera azzurra».

