
Lu Cardalén, lu cardalén!
Non avete già detto tutto voi?!
Mi permetto di aggiungere qualche pensiero: a braccetto con i due romanzi che ho letto nella stessa pausa vacanziera, anche questo libro ha spiazzato le aspettative che in ogni modo avevo provato a non costruirmi.
Non ho letto una che fosse una delle vostre recensioni, mentre vedevo le liste di tutti, una dopo l’altra, aggiungere questo titolo a cascata. Mi pareva imprescindibile.
Non so dove, ho visto di sfuggita due righe che lo definiscono (ora in rete lo ritrovo come giudizio unanime e confermato senza se nè ma da tutti, con lo spirito acritico del copia incolla) di dickensiana memoria.
Di questo libro ho amato nell’ordine:
– la stazza. Non scassate i cosiddetti, a me un libro grosso fa l’effetto che le cose grosse dovrebbero sempre fare. Mi eccita. Andate a giocare agli snob altrove, ecco.
– il pulitzer: mi serviva un libro di un certo spessore, sentivo il bisogno di qualcosa che fosse poco da ombrellone. Sotto l’ombrellone, per l’appunto, io mi mangio i tomoni che durante l’anno non avrei la costanza e la libertà mentale di affrontare.
– la cultura: la Tartt ci mette dentro di tutto, dalla pittura (che il titolo fa giustamente presupporre) alla musica di almeno tre diversi decenni passando per l’intramontabile classica, dal cinema al restauro di mobili antichi, dalla geografia alla filosofia greca, dall’architettura alla scultura fino alla gestione di attività criminali e all’uso (e gli effetti) delle più diverse sostanze stupefacenti. C’è qualunque cosa, organizzata con armonia e ordine (caotico, se serve che lo sia) sempre utile allo scopo. È affascinante.
– le città: il romanzo si srotola tra New York e Las Vegas, due città che conosco e amo, e che ho visto vivere sul serio, con molto piacere, come personaggi del romanzo al pari degli esseri umani.
Non ci ho trovato però il Dickens di cui porto il retrogusto nel cervello. Forse non leggendolo da anni lo ricordo diverso e le caratteristiche che me lo fanno definire tale sfumano in sensazioni che nel libro non ho scovato. Mi è mancato un giallo che pensavo di trovare e anche una strada più pulita, per questo protagonista che si impara ad amare e voler proteggere dalle prime battute del romanzo, e che invece delude la tua anima di genitore o di crocerossina andandosi a cacciare nei peggio casini, buttandosi un po’ via senza ragione, se non quella (peraltro sufficiente) di un trauma e un abbandono che non riuscirà mai ad elaborare del tutto e che torna a tirargli vangate sulle gengive ad intervalli regolari.
Più di tutto, in barba alle considerazioni filosofiche, volevo che quel diavolo di cardellino avesse un perché e un percome, che fosse stato piazzato in mano al protagonista per una bella ragione tutta da svelare. Sì ci sono rimasta male, ma il libro vale da solo, per come è scritto e per come si srotola sulle strade dell’America, quasi una versione metropolitana di Thoreau (peraltro più volte citato), quindi… acattatevill’!
Sara De Paoli