Ben Lerner – Nel mondo a venire #BenLerner @nellogiovane69

 È uscito per Sellerio il libro di Ben Lerner Nel mondo a venire, tradotto da Martina Testa. Il romanzo, il secondo dello scrittore e poeta newyorkese dopo Un uomo di passaggio, è un intreccio di autobiografia e finzione e ha due protagonisti: il narratore, un uomo poco più che trentenne che vede la sua vita cambiare di colpo, e la città di New York, anch’essa scossa da cambiamenti, come se si adattasse a quelli del protagonista.

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Mi è molto piaciuto per molti motivi. Innanzitutto perché mi è piaciuto malgrado sia evidente che come romanzo è molto costruito. Un aspetto che di solito mi procura un senso di freddezza, e che invece stavolta – paradossalmente – mi ha fatto entrare ancora di più in sintonia col protagonista/autore. Ho scritto sintonia ma sarebbe stato più corretto: empatia. E questo malgrado Lerner parli – finzione? – di sé, poeta e scrittore poco più che trentenne nella NY dei primi anni Dieci, docente universitario moderatamente nevrotico e comprensibilmente ipocondriaco vista la scoperta di una patologia che… Non scopriamo le carte. Avrete capito che la realtà si mescola con la costruzione della realtà narrativa, un giocare meta-narrativo a carte scoperte, entrando nel cuore del rapporto tra scrittura e verità. Un gioco nella cui lente finisce il rapporto tra tempo, individui e civiltà, scomodando il nervo scoperto della percezione del flusso di informazioni come processo di definizione continua di sé. L’azione è impalpabile e spesso “solo” interiore, un denso, palpitante e chirurgico gioco di riflessioni – viene in mente a tratti una versione ammorbidita, brillante e vagamente pusillanime, di Woody Allen – che trova il suo apice nell’episodio dell’esplosione dello Shuttle, anno 1986, interpretato come turning point del rapporto tra popolo (pubblico?) e mezzi d’informazione, finendo grazie a un plausibile tour emotivo e sentimentale con l’individuare i germi della vocazione poetica dell’autore nel conseguente discorso alla Nazione di Reagan. Il percorso verso una pseudo paternità, il progetto di un romanzo che vedrà la luce in modo imprevedibilmente diverso, l’ossessione per un poeta morto che sembra incarnarsi in un poeta sconsociuto, una tempesta di neve e un uragano sulla Grande Mela, il continuo riverberare e intersecarsi di sensi, modi di dire e piani di lettura sono la materia che con grande sapienza e lucidità Lerner utilizza per costruire un macchinario perfetto, assieme toccante e cerebrale. Resta un vago senso di artificio, più evidente nella parte dedicata al rapporto tra il protagonista e Roberto, un ragazzino ispanico che finisce sotto la sua tutela. Ma è appena una sbavatura in un affresco che osservi nel dettaglio con leggerezza, sempre sul filo di un pensoso divertimento, poi – finita le lettura – scopri vasto e ricco di implicazioni. Uno dei romanzi meglio innestati nel presente che abbia letto negli ultimi anni.

Stefano Solventi

Ben Lerner – Nel mondo a venire #BenLerner

Seduti a un piccolo tavolo e guardando Flatbush Avenue attraverso il nostro riflesso sul vetro, comincerò a ricordare la nostra camminata in terza persona, come se l’avessi vista dal Manhattan Bridge, ma, al momento della scrittura del libro, appoggiato contro la rete metallica pensata per impedire i suicidi, la città irrecuperabile la sto guardando in seconda persona plurale.

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Nel mondo a venire vestiamo gli stessi abiti di adesso. Parliamo le stesse parole. Sentiamo gli stessi suoni. È la prospettiva a cambiare, il punto di vista, che non è del dove, ma del quando: come il quando è divenuto luogo; come ogni frangente è divenuto spazio; come ogni anfratto di sensazione è mutato in geografia. Di minuto in minuto, così è il mondo a venire. Il contagocce non è questione di meticolosa pignoleria: si tratta di salvarsi, di salvare il proprio prima dentro a un poi che abbia a che vedere con l’ora e qui, anche se ora e qui è indecifrabile, come desiderasse fuggire più in fretta del previsto. Le cose accadono, ti accadono addosso, belle e brutte, tutte quante: ti accadono in faccia, esplodono addosso ai tuoi muri, alcuni li demoliscono, altri no. Le cose accadono e le senti e le sente chi, con o senza di te, le attraversa o ne viene attraversato. Indovinare negli angoli dei secondi la sostanza del filo che lega il senso alle cose che accadono è una cura, una delle cure possibili. Anche il silenzio funziona. Oppure la poesia. O l’indovinare nell’altro il seme delle stesse domandi cui credevi di essere il solo a non saper rispondere.
Una scrittura come whisky, lo stesso effetto del sorso quando poi scalda dall’ugola fino alla fine dello stomaco. Una scrittura senso. L’ho trovato davvero bello.

Rob Pulce Molteni

DESCRIZIONE

Un uomo di poco più di trent’anni vede la propria vita cambiare improvvisamente direzione. La sua migliore amica gli ha chiesto di aiutarla a concepire un figlio, ma senza diventare una coppia. La carriera di scrittore ha incontrato finalmente un insperato successo, e in modo altrettanto imprevisto è giunta la diagnosi di una malattia cardiaca, potenzialmente fatale. Questi eventi, questi improvvisi stravolgimenti, felici, drammatici, curiosamente esilaranti, sembrano riflettersi nel mondo che lo circonda. New York è scossa da tifoni, uragani e tempeste, come fosse una città tropicale. La crisi rende tutti ansiosi e aggressivi, niente sembra più funzionare, a livello personale, collettivo, intellettuale, sentimentale. Non è certo il momento migliore per fronteggiare lo spettro della propria mortalità, o pensare a diventare padre.