e vabbè, spicciando, spulciando, regalando, frullando, inscatolando, eccoquaqquà che riacchiappo robe dimenticate negli anfratti.
“Vengo a sapere dai giornali e dalla televisione che un bambino turco di dieci anni è morto di freddo e di sfinimento mentre cercava di attraversare clandestinamente il confine svizzero insieme ai suoi genitori…
La mia prima reazione è quella di qualsiasi svizzero: -Ma come può la gente avere il coraggio di avventurarsi in situazioni simili con dei bambini? Un’irresponsabilità di questo genere è inammissibile.- Il contraccolpo è violento e immediato. Un vento freddo di fine novembre si insinua nella mia stanza ben riscaldata, e la voce della memoria si leva in me con stupefazione: Ma come? Hai già scordato tutto? Anche tu hai fatto la stessa cosa, esattamente la stessa cosa”.
Lazzìa
DESCRIZIONE
Solitudini, alienazioni, fratture, perdite: venticinque brevissimi e fulminanti racconti in cui Agota Kristof esprime il disagio piú profondo con i toni del grottesco e del surreale, e con la sua consueta capacità di arrivare all’anima delle cose.
Personaggi senza identità, senza nessuna adesione al mondo in cui vivono, con una percezione distorta e allucinata che li induce a compiere gesti aberranti.
Delitti poco esemplari, come quello del ragazzo che uccide i professori piú amati per salvarli dalla crudeltà dei compagni, o quello della moglie che uccide il marito per farlo smettere di russare. I gesti estremi vengono compiuti senza alcuna estetizzazione, solo con estraneità, con la consapevolezza, o forse l’intuizione che le menzogne non possono essere perdonate, che le soluzioni arrivano e arriveranno sempre tardi.
Vite alla deriva che cercano ostinatamente di tornare a casa, di rivedere in faccia il proprio passato. Schegge narrative che raccontano un mondo mostruosamente duro, di fronte al quale domina il senso di estraneità e di smarrimento.
