Quasi arzilli, Simona Morani

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Ieri io ed una mia amica siamo andate alla Libreria All’Arco (storica libreria di Reggio Emilia), alla presentazione del libro di Vinicio Capossela. Vuoi per il caldo, vuoi per la folla, vuoi per le persone che ciarlavano degli affari loro, abbiamo deciso di spostarci in un’altra saletta. Di fianco a noi c’era la top5 dei libri più venduti dalla libreria nell’ultimo periodo e il primo era questo “Quasi arzilli”, la cui autrice (che ora vive a Monaco di Baviera) è cresciuta nel mio stesso paesino della provincia reggiana. Ammetto di non averlo ancora terminato, ma già dopo i primi capitoli non posso che consigliarlo!! Fa ridere, fa riflettere sulla condizione degli anziani, mi fa pensare a tutti gli anziani che ho conosciuto e che sono così simili alla combriccola qui descritta; è quasi malinconico perché rimanda a cose dal sapore antico, ma che ho avuto la fortuna di conoscere.

“Gino chiuse la partita gettando le carte sul tavolo e provocando esclamazioni di malcontento. Si alzò con estrema lentezza e arrancò fino al cortile del bar. Non udì minacce né insulti e da ciò dedusse l’assenza di Corrado, il nuovo sbarbatello della polizia municipale. Svoltò dunque indisturbato verso il garage dietro il bar e s’infilò nella vecchia Ape verde acqua venata di ruggine.
L’aveva comprata nell’inverno del 1994, dopo che quelli della motorizzazione, alla visita medica, gli avevano annunciato in via definitiva che era diventato un pericolo ambulante e che questa volta la patente non gliel’avrebbero rinnovata neanche a forza di mazzette, culatelli e forme di Parmigiano. Allora si era fatto coraggio e all’alba successiva il Domenichini l’aveva trovato davanti alla cancellata del suo centro di rottamazione. Una montagna di veicoli in stadio terminale già pressati l’uno sull’altro, molti irriconoscibili, altri ancora segnati dal proprio vissuto: una lunga cicatrice sulla portiera, un Arbre Magique stinto dal sole, un “Anche tu un giorno creperai” scritto a indice sul parabrezza. Allora, tanto valeva crepare insieme, si disse Gino, ancorato al volante della Panda color volpe fino all’orario di apertura dei cancelli.
“Be’, cosa fai, non scendi?” chiese il Domenichini quando tutto fu pronto.
“No. Senza patente la mia vita non ha senso. Rottamaci tutti e due” rispose caustico Gino.
Seguirono pestoni, spinte, puntellamenti, fino al momento in cui il Domenichini ebbe l’epifania.
“Guarda laggiù. La vedi quella?”
“No, sono orbo. Lasciami morire.”
“Quell’Ape là, di fianco al fuoristrada.”
“Cosa c’ha?”
“È una testa dura come te. Sette proprietari, quattro incidenti, due furti e altrettanti ritrovamenti. Quindici paesi attraversati, centottantamila chilometri e ancora fila via come il vento. Prendila, te la regalo, ma vivi, per Dio!”
“E con i documenti?”
“Lascia perdere i documenti. Ti do io una scartoffia in cambio della Panda e per la motorizzazione non esisti più.”
Nel momento della stretta di mano, il Domenichini seppe una grande verità: aveva allungato una vita, ma ne aveva messe in pericolo molte altre.”

Valentina Inzillo

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