Il Diavolo nella Cattedrale, Frank Schätzing

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E tre! Ho appena chiuso Il Diavolo nella Cattedrale di Schätzing. Sarebbe questa la prima opera del crucco, anche se di suo io avevo già letto il quinto giorno. Che non m’era dispiaciuto.

Allora, trama veloceveloce, che poi c’ho un paio di rospi anche per questo stimato autore: Colonia, 1248. I nobili ordiscono trame contro l’arcivescovo, un poveraccio buono a nulla, per caso e senza volerlo, ci rimane invischiato e finisce nel mirino di uno spietato killer medievale, talmente bruto e cativo da venir scambiato più volte per il diavolo in persona. Su tutto incombe la solita cattedrale in costruzione (nota folkloristica per gli ignorantoni come me: l’hanno iniziata nel 1248 e sono riusciti a concludere i lavori nel 1880. Celeri, no?!).

Ora, mi pare che in letteratura i cantieri sacri si sprechino, non sembra proprio la trovata narrativa più originale del mondo. Ma se non volevo la cattedrale in costruzione, mi scansavo un titolo che la reca nel nome, no? Giusto. Ma a me le cattedrali piacciono un zacco e mi ci ficco sempre in modo acritico. Ricordo di aver letto un più convincente Falcones, in merito, che nella sua Cattedrale del Mare, lungi dall’eguagliare i Pilastri della Terra del Folletto (non me ne vogliano i suoi detrattori recentemente rivelatisi tali su queste pagine), tutto sommato mi tratteggiava un affresco abbastanza affascinante e coinvolgente. Mica Dickens eh, zzzia, dico così, godibile.
(Eco? No per carità, non scomodiamo Eco. Perlomeno là i mattoni stavano tutti al posto loro e le opere erano belle che compiute).

Qui per me Schätzing c’ha un problema, che avevo già intuito nel Quinto Giorno: ti deve insegnare le cose. Però lo fa dalla cattedra, non attraverso la narrazione, e la cosa a volte ha un che di stucchevole e fastidioso.
Mi spiego: se guardo la serie TV “I Tudor”, tanto per dirne una, ne esco che bene o male so un sacco di cose sulla casata e le varie faccende inglesi del tempo, senza aver preso parte ad una lezione di storia medievale.
Schätzing nun gliela fa. Ne Il Diavolo nella Cattedrale decide che devi sapere tutto (o peggio, deve mostrarti di sapere tutto) sulle faide tra chiesa e nobili nella germania del 1200, dei nessi tra papi occidentali e bizantini, delle crociate, delle frizioni socio politiche camuffate da aspirazioni religiose, filosofiche e spirituali, e avanti per questa via. Solo che te le racconta attraverso la bocca di uno dei personaggi, che si mette a disquisirne con un ignorante ladruncolo di strada (che già qui…) mentre fuggono (di solito nottetempo) braccati dal demonio in persona. Eeeeh già.
Insomma, anche se l’inreccio può andar bene per un pomeriggio di vacanza, risulta fin troppo strillato che il libro non vuol vivere di vita propria, ma è solo una scusa, un escamotage per insegnarti qualcosa.

Al che un po’ ti girano i maroni, e ti rivolgi con rinnovato vigore al leviatano pavese.

Sara De Paoli

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