Miele aiuta a morire le persone, malati terminali, persone che sanno di dover morire e semplicemente le chiedono di non soffrire. Si fa pagare ma questo “lavoro” per lei è anche una missione. Prepara le medicine, fa scegliere una musica da ascoltare, accompagna facendosi invisibile.
“Ai primi accordi di chitarra acustica cresce un’onda di urla e fischi, era dall’inizio del concerto che il pubblico aspettava Black, la gioia si sprigiona nello stadio…La madre di Riccardo mi guarda un attimo, poi torna a sedersi sul letto del figlio voltandomi le spalle. Lui, senza dire nulla, afferra la cannuccia, succhia i pochi sorsi di Lamputal e subito dietro la vodka. Tira su fino all’ultima goccia e si appoggia di nuovo al cuscino ma non incrocia più gli occhi della madre, resto con lo sguardo sulla parete di fronte, quella da cui proviene il suono. La canzone ci avvolge piano…Vedder non si risparmia, cantare questi versi davanti a migliaia di persone ha un che di liberatorio. E’ offrire a tutti il dolore che aspettavano, un dolore caldo e straziante, un dolore romantico. Riccardo batte le palpebre come per resistere al sonno. – You try, Benaroya, you try – dice Vedder…dal basso monta il suono potente di un coro, ottantamila persone che urlano felici il proprio strazio, l’orgasmo dell’umanità intera condensata in canto. Riccardo sta sorridendo a occhi chiusi. La canzone è lunga, dura più di sette minuti, ma quando ritorna il tema siamo rimasti solo in due a sentirlo.”
Lazzìa
